Paesi senza il medico Patto tra sindaci e Ats
Specializzandi e Usca per tamponare l’emergenza Ambulatori a prezzi calmierati per i dottori provvisori
Entro fine anno saranno andati in pensione 102 medici di famiglia. Anche specializzandi e Usca come sostituti. Patto tra sindaci e Ats per agevolare la permanenza dei dottori provvisori.
Titolari o provvisori, il punto è attirare i medici di famiglia. Perché dovrebbero scegliere un ambulatorio in Valle Brembana o nella Bassa Bergamasca, per esempio? È un problema, visti i numeri. A fine anno ne saranno andati in pensione 102. Attualmente sono 651 in servizio, 591 titolari e 60 provvisori, cioè a tempo determinato. Appunto, uno dei rischi almeno in questa fase al limite dell’emergenza è perdere la figura stabile del medico che sa già tutto del paziente, perché lo segue da anni. Ma allo stato la priorità è colmare i vuoti.
Per correre ai ripari, l’Ats con il via libera della Regione ha imboccato due vie alternative. Quando un medico se ne va, se manca il nuovo titolare si calcola quanti pazienti possono essere seguiti da un altro dottore dello stesso ambito. Se più di 300 rimangono senza dottore, scatta un incarico provvisorio. «La prima soluzione d’emergenza è alzare la soglia di pazienti assistiti da ogni medico (ora sono 1.500
— spiega il direttore di Ats, Massimo Giupponi —. La seconda è conferire incarichi provvisori a tempo determinato anche ai medici specializzandi». Sono laureati che stanno seguendo il corso triennale di formazione in medicina generale. Con una deroga (prorogata per tutto il 2021) per il Covid, possono lavorare in un ambulatorio con un massimo di 650 pazienti. «Oppure — sempre Giupponi —, in ultima istanza, è possibile ricorrere alle Usca». Sono le unità speciali attivate in piena pandemia, per le cure a domicilio. Ora sono una sorta di guardia medica diurna, a rotazione dove servono.
«Il problema è annoso e di vasta portata, legato soprattutto al fatto che stanno progressivamente lasciando il lavoro per raggiunti limiti di età tantissimi medici sul territorio anche per una errata programmazione a livello nazionale», commenta Giupponi. Con il numero chiuso a Medicina, i nuovi dottori non tengono il passo dei colleghi a fine carriera. Per attirare i sostituti provvisori, Ats e il Consiglio di rappresentanza dei sindaci hanno siglato un patto di collaborazione. La prima si impegna a proporre al medico che se ne va un passaggio di consegne e di concedere l’ambulatorio in via temporanea al nuovo arrivato. E a chiedere ai sindaci di aiutare a trovare locali da adibire ad ambulatori. Il Consiglio si impegna perché i comuni favoriscano prezzi calmierati degli ambulatori, convenzioni e collaborazioni con le associazioni per la disponibilità di locali. L’impegno è anche a favorire l’aggregazione territoriale di più medici e i progetti di telemedicina, soprattutto in montagna. Questo, è la nota dell’Ats, «a seguito dell’attuale situazione straordinaria. Verranno attivate azioni congiunte presso gli organi competenti al fine di sollecitare soluzioni definitive».
La preoccupazione c’è e se ne fa portavoce Marcella Messina, presidente del Consiglio di rappresentanza dei sindaci: «Ogni giorno riceviamo da parte di colleghi amministratori segnalazioni di cittadini preoccupati perché il loro medico è andato in pensione, o sta per andarci, e ancora non hanno notizie di un suo sostituto: ci testimoniano una situazione di estrema difficoltà, nella quale viene a mancare una figura che è punto di riferimento per le persone».
Precarietà è il rischio su cui richiama l’attenzione il presidente dell’Ordine dei medici, Giudo Marinoni: «È come avere un supplente nelle scuole, magari è bravissimo, ma è un supplente. Il medico di famiglia ha senso se è definitivo, non cura per un episodio ma nel corso della vita. Bisogna attirare medici definitivi, saranno anche pochi in graduatoria ma ci sono. Vanno agevolati, soprattutto nei luoghi disagiati, perché non vadano altrove. Lo stesso per gli specializzandi che magari, anzi di sicuro, se ci sono le condizioni poi si fermano in quel posto».
Per capire le difficoltà, ad agosto su 64 posti vacanti si erano fatti avanti 9 medici in graduatoria. Tra loro Melania Cappuccio, che si è poi ritirata. È la direttrice sanitaria della fondazione cardinal Gusmini di Vertova, una delle prime rsa a chiudere il 23 febbraio, alla notizia del Covid ad Alzano: «La domanda era precedente, non ho voluto abbandonare la struttura».
Marinoni (Ordine) «Bisogna favorire la stabilità altrimenti è come avere sempre il supplente a scuola»