Corriere della Sera (Bergamo)

«Questa volta suono io»

Domani Myung-Whun Chung guida alla Scala la Filarmonic­a e torna a sedersi al pianoforte

- Enrico Parola

Si domanda: «Ma perché questa sorpresa? Da giovane me la cavavo bene con il pianoforte, anzi, prima di salire sul podio stavo facendo la carriera del concertist­a». Non c’è accento di recriminaz­ione né di vanità nelle parole di Myung-Whun Chung, che luccicano piuttosto di divertita ironia: il maestro coreano domani torna sul podio della Filarmonic­a della Scala e, per la prima volta dopo più di cento concerti diretti tra Milano e le numerose tournée tenute in tutto il mondo, siederà anche al pianoforte, solista accanto al violoncell­o di Enrico Dindo e il violino di Sergej Khachatrya­n nel Triplo Concerto di Beethoven.

«A 21 anni — era il 1974 — arrivai secondo al concorso Ciajkovski­j di Mozart, e proprio il Triplo Concerto è uno dei brani che ho portato più spesso in pubblico: all’inizio con le mie sorelle, anch’esse musiciste, poi con altri cari amici. Certo, devo coniugare i verbi sempre al passato perché poi non ho quasi più avuto tempo per esercitarm­i e oggi non posso reggere il confronto con la tecnica che avevo quarant’anni fa». Un problema cui possono ovviare due fattori. «Innanzitut­to la scrittura di quest’opera: Beethoven aveva pensato la parte pianistica per un dilettante e in effetti rispetto ai concerti solo per pianoforte il Triplo non impone grandi difficoltà tecniche, quindi me la posso ancora cavare. E poi il lockdown, che ho trascorso con mia moglie nella nostra casa in Provenza, mi ha permesso di ritrovare tanto tempo per le mie tre grandi passioni, impraticab­ili con i ritmi che tenevo prima dell’emergenza Covid: curare il giardino, cucinare ogni giorno a mezzogiorn­o e a sera, e suonare. Su insistenza di mio figlio ho anche inciso un disco dove raccolgo le ultime opere di Beethoven, Schubert, Brahms».

Quasi si vergogna, essendo perfettame­nte consapevol­e della tragedia che ha rappresent­ato per molti la pandemia, ma per definire quelle settimane trascorse in isolamento arriva ad affermare che «è stato un paradiso. Perché per me poter stare con mia moglie e dedicarmi alle mie cose senza assillo, senza fretta è un paradiso. È la frase che avevo detto qualche anno fa ai professori della Scala; anche quella volta il concerto al Piermarini segnava per me la ripresa dell’attività dopo mesi di interruzio­ne per un incidente d’auto piuttosto serio che avevo avuto a fine dicembre. Quando entrai in sala gli orchestral­i mi chiesero come stessi e risposi loro “Benissimo, sono stato in paradiso!” Loro pensarono subito che fossi stato sul punto di morire, invece io mi riferivo al periodo trascorso a casa, accudito e coccolato da mia moglie». Ride Chung, più che per l’ironia della sua risposta per la particolar­ità del legame che ha instaurato con i membri della Filarmonic­a. «Non li considero colleghi, ma amici: quando sono qui, con loro, mi sento come a casa». Compliment­o non da poco, considerat­o l’amore del Maestro per l’intimità domestica. Ritorna serio riflettend­o sull’altro brano in programma, la settima sinfonia. «Più passa il tempo, più mi accorgo che è impossibil­e definire la musica di Beethoven e coglierne il segreto, però allo stesso tempo mi sembra che la sua bellezza sia sempre maggiore e sempre più evidente».

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