«I nostri 25 anni ponte per il futuro»
Astolfi: «La danza non si arrenda al Covid»
«Sembra un paradosso: pochi mesi prima del lockdown ho immaginato, per la creazione “Wonder Bazaar”, un’umanità segregata in un laboratorio dove un medico fa esperimenti di laboratorio su persone collegate a macchinari tecnologici ormai obsoleti che però le tengono in vita». Ogni riferimento è puramente casuale, ma un presagio della pandemia pare suggestionare l’onirico emporio delle meraviglie vintage, al centro dell’ultimo lavoro del coreografo Mauro Astolfi, mente creativa dello Spellbound Contemporary Ballet, la compagnia romana che l’autore ha fondato 25 anni fa con Valentina Marini, dopo un lungo soggiorno newyorchese. «Se mi guardo indietro e ripenso al percorso compiuto, con tanti tour internazionali», afferma, «mi sembra quasi impossibile essere ananche cora qui vista la difficoltà di produrre e lavorare in Italia nella danza». Stasera alle 20.30 lo Spellbound (9 danzatori in organico) festeggerà il proprio quarto di secolo sulle tavole della Sala Shakespeare dell’Elfo Puccini, ospite del weekend di chiusura del festival MilanOltre (che prevede anche la video installazione «L.S.P.D», rilettura della «Sagra della Primavera» attraverso la ritualità sarda firmata dal coreografo GianMarco Porru, in scena oggi e domani alle 18, 19 e 21 alla DanceHauspiù di via Tertulliano). Prosegue Astolfi: «È un anniversario che viviamo come piattaforma di lancio per i progetti futuri. Oggi la sfida è combattere per non deprimersi di fronte alla seconda ondata dei contagi che finirebbe per compromettere ulteriormente il sistema della danza».
A Milano, Spellbound porta un’altra recente creazione di Astolfi, intitolata «Unknown Woman», tributo a Maria Cossu, danzatrice storica della compagnia: «È un’interprete fuori dalle righe e speciale», aggiunge l’autore, «cresciuta nel gruppo dagli esordi tanto da incarnare il mio linguaggio coreografico». La serata «Spellbound 25» accosta due creazioni di Astolfi a titoli di altri due coreografi: «Marte» dello spagnolo Marcos Morau, lavoro che porta in scena il conflitto eterno tra individuo e collettività, e «Affi», coreografia, set e costumi del tedesco Marco Goecke, un brano entrato nel repertorio dello Scapino Ballet di Rotterdam e qui interpretato da Mario Laterza. «Non potendo andare oltre frontiera», dice Valentina Marini, responsabile delle strategie progettuali dello Spellbound, «l’estero ce lo siamo portati a casa, con ospitalità di autori stranieri. È già un segnale per non arrenderci allo stato delle cose. Con un organico stabile di danzatori abbiamo una responsabilità che ci obbliga a pensare a un futuro possibile, oltre gli ostacoli del presente». Con il mercato internazionale fermo, si cerca di immaginare dimensioni alternative come gli spettacoli all’aperto. «L’Italia», afferma Marini, «è ancora tra i pochi Paesi che si possono muovere. Applichiamo il protocollo sportivo del monitoraggio dei danzatori attraverso i tamponi: ci consente di mantenere invariate le coreografie senza limiti di distanziamento».