Meteoriti d’arte di Marta Galessi, per riflettere
L’installazione di Mafalda Galessi fino al 10 novembre
Tre meteoriti che sembrano piovute dal cielo. E poi tanti piccoli cristalli luminosi e rocce minerarie che racchiudono i segreti dell’umanità e, partendo da questo mondo, invitano a pensare (e sognare) l’universo. Eppure, quelli che si possono ammirare dal 10 ottobre al 10 novembre, oltre la cancellata di via della Boccola 13 e fra le due arcate murarie dell’ex monastero del Carmine (tutti i giorni saranno illuminati dalle 18.30 alle 21.30), non sono ritrovamenti o esposizioni a opera del vicino Museo civico di Scienze naturali. Ma opere d’arte, sculture realizzate dall’artista Mafalda Galessi, 28 anni, originaria di Bergamo, che vive e lavora a Milano. Sua l’idea di partire dalla formula chimica del saccarosio, comunemente chiamato zucchero, per dare vita e nome alla mostra «C12H22O11», progetto ideato e curato dal presidente dell’associazione Volta, Edoardo
De Cobelli, realizzato col patrocinio dell’assessorato alla Cultura e l’autorizzazione dell’assessorato al Patrimonio del Comune di Bergamo.
La meteorite più grande in mostra (120x90x70 centimetri), «Drugstone» ha richiesto 10 mesi di lavorazione, «infiniti passaggi ed è nata — spiega l’artista — immaginando una goccia di sangue che cadeva su una montagna di zucchero, e lentamente la penetrava e la influenzava. Anche perché tutta la ricerca parte da uno studio sul colonialismo e le materie prime sfruttate». La sua, però, «non è una protesta politica quanto il tentativo di analizzare un elemento da tutti i punti di vista», compresi quelli scientifici, «perché alcune teorie affermano addirittura che la vita sulla Terra provenga dall’incrocio di alcune molecole di zucchero con la superficie terrestre».
L’esposizione, oltre a illuminare un «elemento che appare banale ma che racchiude tantissime storie, sia positive che negative», accende un faro anche su uno scorcio cittadino sconosciuto ai più. Ne è convinto l’assessore alla Cultura, Nadia Ghisalberti, che sottolinea come «questa piccola mostra, ospitata nelle fondamenta di un bene architettonico di grande valore come il Carmine, dà prova del coraggio delle giovani generazioni, che osano portare esperienze artistiche in spazi normalmente non deputati ad attività espositive».
D’accordo il curatore Edoardo De Cobelli anche lui 28enne, che nei mesi scorsi ha realizzato l’installazione «E quindi uscimmo a riveder le stelle» nel locale inferiore dell’ex Chiesetta di San Rocco, in piazza Mercato delle Scarpe: «Come in quel caso, anche ora l’intento è valorizzare un ambiente stupendo che non veniva usato. Speriamo siano i primi di una serie di progetti con la stessa missione».