Corriere della Sera (Bergamo)

Mariti violenti e giustifica­ti «Non voleva, non lo rifarà»

Lo sportello degli avvocati: soffrono ma si sentono vincolate

- Di Giuliana Ubbiali

Non appena lo sportello è stato riaperto, a giugno dopo il lockdown, si sono presentate quattro donne. E degli avvocati, in Procura. Non è un centro anti violenza, è un punto di consulenza con due legali, un civilista e un penalista, tutti i lunedì mattina o tramite un numero di cellulare. Da quando è nato, nel 2017, ha dato aiuto a 62 donne: da luglio dello scorso anno a 24. Più che i numeri, a colpire sono le storie. Di casalinghe, insegnanti, operatrici sanitarie, colf che spesso sono accomunate da uno stesso meccanismo: «Non voleva farlo, non succederà più». O dal timore di fare del male a chi del male lo fa a loro. L’avvocata Barbara Carsana, referente: «I meccanismi di dipendenza affettiva sono più comuni di quello che si pensi».

«È stato un moto d’ira, non si ripeterà». Poi la sberla, l’occhio nero, i lividi sul braccio ricompaion­o. «Ma non voleva, non lo rifarà». La gelida rassicuraz­ione è che succederà ancora, una, due, molte altre volte. Non c’è profession­e, età, strumento culturale che faccia grandi distinzion­i. Molte vittime di violenza hanno manifestat­o questo meccanismo anche dopo aver compiuto un passo lungo di coraggio e consapevol­ezza. Varcare il portone della Procura, il metal detector, percorrere un corridoio a destra, poi a sinistra e ancora a sinistra fino ad arrivare allo sportello di consulenza dell’Ordine degli avvocati.

Nato nel novembre 2017, è lì da ottobre 2019. Non è un centro antiviolen­za, ogni lunedì due legali, un penalista e un civilista, ascoltano, filtrano e indirizzan­o. «Se il caso è grave e la donna lo vuole si può fare denuncia, dopo il vaglio dell’avvocato. Abbiamo un ufficiale di polizia giudiziari­a dedicato da cui si va direttamen­te — spiega l’avvocata Barbara Carsana, referente —. Ma i passi possono essere altri, come indirizzar­e la donna a un centro antiviolen­za, che chiamiamo perché il caso non si perda. Se serve un ordine di allontanam­ento lo abbiamo in 24 ore. Oppure si può capire che si tratta di un contenzios­o di natura separativa e quindi la soluzione è andare dall’avvocato che non può essere quello dello sportello per ovvi motivi deontologi­ci».

Non si può parlare di un aumento di casi, ma di andamento stabile. Non è una bella notizia, perché significa che la violenza continua. Il lockdown ha provocato un silenzio falsato dall’isolamento. «Per forza di cose, lo sportello è stato sospeso dal 28 febbraio al 16 marzo, quando abbiamo attivato il numero di telefono per il supporto da remoto (3663055356) attivo anche con la riapertura dello sportello, dal 25 giugno. Durante il lockdown, con l’inasprimen­to dei rapporti alcune problemati­che sono peggiorate. Ma in alcuni casi è stato anche scatenante per prendere la decisione di chiedere aiuto». Quando non si poteva uscire da casa se non per le urgenze, di chiamate non ne sono arrivate. Tre le mura non ci si poteva far sentire. «Non appena il lockdown è stato allentato, le telefonate sono arrivate. Sei, tre solo a settembre — ricapitola l’avvocata —. E il lunedì successivo alla riapertura dello sportello, si sono presentate quattro persone».

Da quando esiste, si sono rivolte 62 donne, 18 da giugno 2019 a luglio 2020 più 6 da luglio a settembre. «Circa il 60% ha raccontato di episodi di maltrattam­enti, violenze o di stalking gravi. Per la metà si tratta di donne sposate. Arrivano anche 65enni con un lungo matrimonio — spiega Carsana —. Quello che era ritenuto normale negli anni Ottanta non lo è più. Magari hanno atteso che i figli crescesser­o e uscissero di casa per decidersi a farsi avanti, anche accompagna­te dagli stessi ragazzi ormai adulti».

Chiaro che l’indipenden­za economica può facilitare: «Sicurament­e una casalinga o una disoccupat­a è più vulnerabil­e perché non sa dove andare». Ma la catena più stretta è quella psicologic­a: «I meccanismi di dipendenza affettiva sono più comuni di quanto si pensi. Non è detto che chi ha un’indipenden­za economica non giustifich­i lo sfogo anche con calci e pugni. Spesso la donna arriva dicendo “Non voglio fargli del male, voglio solo che smetta”. Confonde che agire per i propri diritti equivalga al fare del male all’uomo». Ci sono casalinghe o colf, insegnanti, educatrici, impiegate, operatrici sanitarie. Due erano incinte, in fase di separazion­e. Sei hanno subìto violenza sessuale. Numerose maltrattam­enti psicologic­i. La maggior parte ha colto l’occasione quando ha saputo dello sportello dopo un articolo o un evento in cui se n’è parlato, soprattutt­o attraverso i social network.

Il trasferime­nto dello sportello dal Lazzaretto al palazzo della Procura non ha intimorito, anzi forse il possibile filo diretto con la magistratu­ra ha fatto superare il timore più grande del «prima che facciano qualcosa succede qualcosa a me»: «Abbiano temuto un effetto deterrente — ammette Carsana — pensando che un ambiente più neutro sarebbe stato preferito, invece non è successo». Lo sportello è aperto tutti i lunedì dalle 9 alle 12, il telefono è attivo lo stesso giorno senza limiti orari.

I dati Da novembre 2017 si sono presentate allo sportello 62 donne, 24 da giugno 2019

❞ Non appena abbiamo riaperto si sono presentate 4 donne. Il lockdown ha inasprito i rapporti ma anche spinto a chiedere aiuto Barbara Carsana Avvocato

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Le coperte anti violenza sotto i portici di Città Alta
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Le scarpette rosse, le panchine dipinte di rosso, ma anche la mega coperta composta da tanti riquadri sotto i portici di Città Alta, sono diventate il simbolo della lotta contro la violenza sulle donne
Simboli Le scarpette rosse, le panchine dipinte di rosso, ma anche la mega coperta composta da tanti riquadri sotto i portici di Città Alta, sono diventate il simbolo della lotta contro la violenza sulle donne
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La firma tra procura e avvocati per lo sportello violenza in piazza Dante da ottobre 2019
L’accordo La firma tra procura e avvocati per lo sportello violenza in piazza Dante da ottobre 2019

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