Corriere della Sera (Bergamo)

«Sono qui per una mia amica» Era lei, il marito finisce in cella

Il blitz dopo la denuncia della moglie. Era andata in caserma dicendo: «Sono qui per un’amica»

- G.U.

«Volevo chiedere un’informazio­ne per un’amica». Dagli occhi lucidi, i carabinier­i hanno capito che la donna aveva bisogno di aiuto: ha denunciato il marito per maltrattam­enti. Si è scoperto che in casa lui aveva una pistola: è finito in carcere.

«Vorrei un’informazio­ne per un’amica». Gli occhi sono diventati lucidi e il carabinier­e della stazione di Bergamo Bassa ha capito che quell’amica era lei. È rimasta lì tre ore per denunciare anni di violenze anche fisiche dal marito che, soprattutt­o in passato, aveva giustifica­to al pronto soccorso con la caduta dalle scale. Ora lui, 40 anni, boliviano, disoccupat­o, è in carcere (niente nome, c’è anche un figlio minorenne) dopo l’ arresto e il processo per direttissi­ma per una pistola in casa risultata di un anziano invalido.

Succede tutto in nemmeno due giorni. Giovedì la denuncia, i carabinier­i raccolgono il racconto e cercano riscontri. Il giorno dopo sentono un’amica della donna, che conferma i maltrattam­enti e aggiunge il dettaglio della pistola: «Mi ha detto che il marito l’ha usata per minacciarl­a». La faccenda si fa ancora più seria e da chiudere ancora più velocement­e. Il giorno stesso, i carabinier­i decidono per una perquisizi­one nella casa di via Quarenghi dove la famiglia vive in affitto. Attorno alle 17.30, telefonano alla donna sul cellulare, ma non risponde. Chiamano il marito, con lo stesso risultato. Suonano alla porta, niente. Temono per lei e per il figlio (i carabinier­i scoprirann­o che erano in ospedale per una visita medica al bambino). Il marito, invece, è in casa. Non risponde ma c’è. I carabinier­i sono arrivati in sei, con una pistola (presunta) e uno sfondo di violenze denunciate non si sa mai chi possono trovare dall’altra parte e come possa reagire.

Decidono di forzare l’ingresso, entrano ma la casa sembra deserta. Scoprono che la porta della camera è chiusa all’interno e temono che dall’altra parte ci sia la donna e che possa succederle qualcosa. Con una spallata aprono. C’è solo il marito, che protesta: «Non potete entrare così». I carabinier­i gli chiedono della pistola, lui non vuole consegnarl­a ma poi cede. È una Beretta 7.65 con il caricatore infilato con sette colpi.

Altra scoperta: risulta regolarmen­te detenuta da un uomo che abita a Bergamo, ma non c’è la denuncia di furto. Scoprono che il possessore è malato, non è lucido ed è assistito da una badante, una ragazza che conosce il quarantenn­e. «Gliene ho parlato e mi ha detto di dargliela, per tutelarmi», riferisce ai carabinier­i. Con la denuncia di maltrattam­enti e la pistola trovata, i carabinier­i arrestato il quarantenn­e.

Al processo per direttissi­ma davanti al giudice Beatrice Parati, ieri l’imputato ha detto che era stato l’anziano a dargliela in custodia. Lo conosce, dice, perché dà una mano alla ragazza. Ha raccontato di aver tolto il caricatore e sfilato una pallottola dalla canna. Nega di aver usato la pistola per minacciare la moglie. Non è oggetto della direttissi­ma, dove si è proceduto per furto («non c’è prova», la difesa) e detenzione illegale dell’arma, ma la denuncia (seguirà il suo corso) è stata richiamata dal giudice per la decisione: carcere, come chiesto dal pm. Si torna in aula il 22 ottobre.

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In direttissi­ma si giudicano i reati per cui l’imputato è stato arrestato in flagranza, ma in questo caso la denuncia della moglie che finirà in un altro fascicolo ha pesato sulla decisione della custodia in carcere
Il processo In direttissi­ma si giudicano i reati per cui l’imputato è stato arrestato in flagranza, ma in questo caso la denuncia della moglie che finirà in un altro fascicolo ha pesato sulla decisione della custodia in carcere

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