Corriere della Sera (Bergamo)

«La Pixar e i segreti dell’animazione»

Parla Ralph Eggleston, mercoledì a BergamoSci­enza dialogherà con Bozzetto

- Di Gisella Laterza

Ralph Eggleston, direttore artistico di Pixar e premio Oscar con «Pennuti spennati», racconta i segreti dei film di animazione e l’importanza, sempre più rilevante, della tecnologia. «Il computer è parte di noi, ma dobbiamo assicurarc­i che il pubblico non si perda per strada», dice. Mercoledì Eggleston sarà a BergamoSci­enza e dialogherà in diretta con Bruno e Piero Bozzetto.

Scienza e cartoni animati, una lunga storia d’amore, un connubio sempre più stretto grazie alla tecnologia. La parola a Ralph Eggleston, direttore artistico e scenografo di Disney Pixar, che ha lavorato a film come «Toy Story», «Alla ricerca di Nemo», «Wall-E», e «Inside Out» ed è regista del cortometra­ggio «Pennuti spennati», vincitore di un premio Oscar. Mercoledì alle 21 dialogherà con Bruno e Piero Bozzetto, in diretta streaming per BergamoSci­enza.

La pandemia ha inciso sul mondo dell’animazione?

«Credo che la pandemia amplierà le possibilit­à di lavorare in questo campo. Anche chi non vive in una grande metropoli, può partecipar­e al processo di animazione. Detto questo, credo che essere insieme, di persona, il più possibile, faccia la differenza: la comunicazi­one è migliore e per gli animatori poter leggere il linguaggio del corpo dei colleghi significa molto».

Che rapporto deve esserci tra la parte visiva di un film e la storia?

«Sono inseparabi­li. Il mondo del film è un personaggi­o a sé stante. Stabilisce la storia e le specificit­à degli ambienti in cui i personaggi hanno vissuto. Riesce a convincere il pubblico che il film è solo uno spiraglio sulle vite di questi personaggi, che il mondo da loro abitato esisteva prima della storia e continuerà a esistere quando quella storia sarà conclusa».

Il corto «Pennuti spennati» è stato un modo per sperimenta­re alcune tecniche.

«Ogni cortometra­ggio è in un certo senso sperimenta­le. Nel caso di “Pennuti spennati”, il problema era come avere tutti gli uccellini accalcati gli uni sugli altri. I modelli a computer tendono solo a intersecar­e ogni personaggi­o, facendo perdere credibilit­à alla scena. Così, il nostro direttore tecnico Bill Wise, ha inventato quelle che ha chiamato “pringles”, dei “cuscinetti” con forma simile alle famose patatine, inseriti tra gli uccellini e che hanno il compito di “ordinare” ai personaggi di spingere l’uno contro l’altro senza sovrappors­i».

Pensando a Nemo, che difficoltà ci sono nella rappresent­azione di un mondo sottomarin­o?

«Per prima e soprattutt­o, l’acqua, salata e dell’oceano. Contano il movimento della marea e delle onde, conta come il pesce si adatta a quella massa in movimento, mentre deve recitare. È stato difficile su molti livelli».

Per «Inside Out» a cosa vi siete ispirati per creare un mondo così complesso, ricco di simboli e al tempo stesso così familiare?

«Dunque, il più ovvio punto di partenza è stato la storia, scritta da Pete Docter. Ci siamo chiesti che tipo di cose, nella mente, possano portare un adolescent­e a cambiare e a crescere. E abbiamo lavorato sodo per trovare elementi in cui può identifica­rsi la maggior parte delle persone».

Qual è il momento più divertente che ricorda della sua carriera?

«Incontrare Sir Paul McCartney agli Oscar. Stavo camminando in platea per tornare al mio posto dopo la vittoria e ho visto un signore alto che alzava il drink nella mia direzione: era lui».

Era il mestiere che sognava di fare da bambino?

«Volevo essere un animatore per Walt Disney. Ho iniziato creando dei piccoli libri a fogli mobili con immagini che cambiano facendo scorrere le pagine velocement­e, e guardando più film possibili. Ho implorato i miei genitori per avere una cinepresa 8 millimetri, e me l’hanno regalata. Ho iniziato a fare animazioni con la plastilina e poi con i disegni e ho cominciato a mostrare i miei lavori prima ai compagni di scuola, poi agli altri. Sono un autodidatt­a».

Quali sono le nuove sfide che la attendono?

«Ora che il computer è parte del nostro immaginari­o, dobbiamo sfidare le aspettativ­e che sono cresciute grazie a quel mezzo, inventando storie che prendono il meglio da ciò che la tecnologia può offrire. Nuovi modi di vedere il mondo, un modo di narrare più avventuros­o, assicurand­oci che il pubblico non si perda per strada».

In che direzione si sta muovendo il mondo dell’animazione?

«Credo che il tipo di film

❞ Il computer è parte del nostro immaginari­o, ma dobbiamo assicurarc­i che il pubblico non si perda per strada

più difficile da fare sia quello rivolto a un pubblico ampio, capace di intrattene­re adulti, adolescent­i e bambini, da cui ognuno può trarre qualcosa. Film capaci di spingersi un po’ oltre i limiti. Non vorrei mai lasciare indietro il pubblico, ma sarebbe bello vedere un thriller o una storia di fantasmi nell’animazione».

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