Terapia intensiva, si riapre il fronte
Al Papa Giovanni quattro ricoverati in due giorni, sette in una settimana. Pezzoli: «L’ospedale è pronto»
Sette ricoverati in una settimana, quattro tra martedì e ieri. I contagiati dal Covid, con gravi polmoniti, tornano in terapia intensiva al Papa Giovanni XXIII. Quelli dell’ultima settimana sono stati i primi dall’8 luglio, quando si era negativizzato l’ultimo degente ricoverato a causa del coronavirus. Quattro dei sette pazienti sono bergamaschi, tutti hanno un’età compresa tra i 50 e i 60 anni. Secondo Fabio Pezzoli, direttore sanitario del Papa Giovanni, «la situazione è sotto controllo». Ma soprattutto il direttore rassicura sulla maggior consapevolezza, nel trattamento dei pazienti, acquisita proprio dall’ospedale di Bergamo. «Avremmo fatto tutti volentieri a meno di quel che è accaduto, ma oggi abbiamo un’esperienza consolidata e importante. L’ospedale è pronto».
La tregua, con il coronavirus, sembra finita, anche nella città che ha pagato di più, Bergamo, e nell’Ospedale che aveva dovuto armarsi a ogni costo e in ogni modo in piena epidemia. Al Papa Giovanni tornano i ricoverati in terapia intensiva, sono stati quattro tra martedì e ieri, sette in tutto nell’ultima settimana. Mentre la Regione pubblica dati in cui la Bergamasca viaggia attorno ai 40 contagiati al giorno, mentre a Milano si superano i 400 e a Monza si va oltre i 100. L’allerta è massima, quasi otto mesi dopo i primi pazienti contagiati registrati dall’ospedale cittadino (il 23 febbraio fu trasferito il primo da Alzano, deceduto quella sera stessa), e a poco più di tre mesi dal passaggio dell’8 luglio, quando anche l’ultimo degente contagiato della rianimazione, che aveva avuto una grave polmonite, era risultato negativo. A fare il quadro della situazione è Fabio Pezzoli, direttore sanitario dell’Asst Papa Giovanni.
Direttore, i contagi non mancano, a Bergamo in misura minore, ma in modo più incisivo nelle province vicine, Milano e Monza e Brianza in particolare. Quale è la situazione al Papa Giovanni, ci sono segnali preoccupanti?
«In questo momento parlerei di un quadro sotto controllo. Non oso utilizzare altri termini, nessuno deve sbilanciarsi in un senso o nell’altro, ma non c’è un innalzamento spropositato e ingestibile di casi legati al coronavirus. Anche se qualcosa è cambiato di recente».
Ci sono nuovi ricoveri in terapia intensiva?
«Ci sono sette ricoverati in tutto, tre intubati, gli altri quattro hanno bisogno di ossigeno tramite il “casco”, cpap. E sono in rianimazione a causa di sintomi legati al Covid-19. Poi ci sono altri dodici pazienti in condizioni non così gravi ma comunque con polmonite dovuta al coronavirus, ricoverati nel reparto di Malattie infettive. E infine, in un’area dedicata, altre otto persone, positive ma asintomatiche, arrivate al Papa Giovanni per altri motivi».
Dopo l’8 luglio in che periodo sono arrivati i pazienti che oggi si trovano in terapia intensiva?
«I sette di cui parliamo sono i primi, ricoverati nell’ultima settimana. Quattro tra lunedì e ieri. Sul totale di sette, quattro arrivano dal territorio bergamasco, altri tre da fuori, perché interveniamo anche per pazienti di altre aree della Lombardia, come prevedono i piani regionali».
Ci stiamo riferendo a condizioni gravi, ci sono pazienti in pericolo di vita?
«Non posso esprimermi sui singoli casi o entrare nei dettagli. Forse parlare di pericolo di vita è troppo, ma ci sono sintomi preoccupanti e per valutare certe situazioni bisogna attendere».
Che età hanno i sette ricoverati?
«La media è tra i cinquanta e i sessant’anni».
Questi sono i singoli casi, un ritorno dunque, per quanto sotto controllo. Cosa vi suggerisce questa situazione in prospettiva? «Naturalmente guardiamo anche noi i numeri del contagio. C’è da preoccuparsi non tanto per quanto sta avvenendo sul territorio bergamasco, ma per i dati che interessano tutta la regione e i territori vicini. Difficile capire cosa possiamo aspettarci per tutta la Lombardia direi, nessuno ha
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Nessuno ha la sfera di cristallo, ma il quadro è sotto controllo Fabio Pezzoli Direttore sanitario Papa Giovanni
❞ Per le cure dei pazienti c’è molta più consapevolezza di prima, da un’esperienza tragica si è imparato molto
la sfera di cristallo per leggere l’andamento del virus in questa nuova fase. Anche se qualche numero esiste».
A quali dati si riferisce? «Semplicemente a quelli che conosciamo tutti. Quanto sia stato colpito il territorio bergamasco è noto, anche in termini numerici precisi. Ci si potrebbe aspettare un’incidenza più bassa del virus, in una fase di ritorno dell’epidemia, in città e provincia. Dopodiché è chiaro, aspettiamo ciò che accade e non facciamo altri ragionamenti. Di certo non siamo più quelli di prima, c’è molta più consapevolezza dal punto di vista clinico».
Una lezione tragica e che non si dimentica.
«Certamente sì. Ne avremmo fatto tutti volentieri a meno, è chiaro, ma abbiamo imparato molte cose e accumulato un’esperienza importante, utile. I protocolli per le cure del paziente messi a punto al Papa Giovanni ci sono stati chiesti da più paesi del mondo. Siamo assolutamente più preparati rispetto al passato, direi a qualsiasi evenienza sul fronte del coronavirus: non possiamo dimenticare i 100 pazienti in contemporanea in terapia intensiva, a marzo. Abbiamo avuto la sfortuna di essere travolti, imparando però come muoverci e diventando un punto di riferimento».