Altre 150 denunce e 300 fascicoli al vaglio
Gli avvocati stanno vagliando ulteriori 300 fascicoli
Sempre più alta la pila di fascicoli dei parenti delle vittime del Covid che hanno presentato denuncia (foto). Dopo le prime 100, ieri ce ne sono state altre 150. E ulteriori 300 sono in corso di valutazione.
Davanti alla Procura di Bergamo i racconti dei parenti delle vittime del coronavirus s’intrecciano al dolore ancora vivo e alla paura di una seconda ondata. La terza giornata di esposti, organizzata dal comitato «Noi denunceremo» richiama 150 persone: arrivano anche da fuori provincia, stringono le cartelle cliniche dei propri cari.
«È una grande dimostrazione di fiducia nei confronti della magistratura — dice l’avvocato Consuelo Locati, che guida i legali del comitato —. La gestione sanitaria, soprattutto in Lombardia, è discutibile, l’informazione è stata frammentaria, un piano pandemico forse avrebbe evibio tato migliaia di morti». In 600 hanno aderito al comitato, ma la pagina Facebook arriva a 70 mila presenze, con il team di avvocati che sta vagliando altre 300 denunce, oltre alle 250 già depositate. «Sono testimonianze sconvolgenti — aggiunge l’avvocato Luca Berni, di Parma —. Molti non trovano corrispondenza con la data della morte riportata sulla cartella medica dei propri cari, perché ci hanno parlato al telefono anche dopo quel giorno. Alcuni hanno il dubdi piangere sulla tomba sbagliata visto che è mancato il riconoscimento, gli effetti personali sono stati restituiti nei sacchi dell’immondizia. Il problema non è accusare, men che meno i medici in prima linea, ma capire dove è mancata la scintilla che avrebbe permesso di prevenire. Ora si sta prevenendo, ma si poteva fare anche prima».
Francesca Cascio, di Albino, non trattiene le lacrime: il marito Giuseppe Manenti è stato portato in pronto soccorso al Papa Giovanni il 17 marzo. «Il 24 non c’era più, aveva 63 anni. Io e i nostri 4 figli vogliamo giustizia». Anche Mariella Quaglio, morta il 27 febbraio a 77 anni, era all’ospedale
❞ Mia madre è morta dopo un trasferimento in ambulanza. I medici hanno seguito i regolamenti ma doveva esserci più umanità Francesca Quaglio
di Bergamo: «Era in terapia intensiva per un’operazione al cuore — dice la figlia Francesca — , per fare spazio ai malati Covid l’hanno spostata con un’ambulanza non attrezzata a Desenzano. È morta la notte stessa. I medici hanno fatto quello che gli è stato detto dalla Regione, però doveva esserci più umanità». Sulla cartella clinica di Alberto Farina manca l’ora esatta della morte: «Lo ha trovato ore dopo un infermiere — dice la figlia Shanti —. Oggi (ieri, sarebbe stato il suo compleanno. È morto all’ospedale di Treviglio». Maria Adele Corti ed Erminia Frigerio hanno perso il marito e papà Francesco, commerciante, dopo 11 giorni di ricovero a Lecco: «C’è un senso di ingiustizia forte. Il Covid è un incubo senza fine. C’è il timore della nuova ondata e siamo ancora al punto di partenza, le uniche cose che sono state trovate sono le mascherine».