Don Trussardi: una Caritas con i poveri E per la mensa in stazione ipotesi trasloco
Palafrizzoni pensa a una nuova collocazione. Don Trussardi: aiutare chi finisce in strada
Sull’auto che gli hanno regalato i suoi vecchi parrocchiani, a Calolzio e Vercurago, fa scaricare sacchi e caricare calendari, quelli di Papa Giovanni. A don Roberto Trussardi l’immagine che colpisce di più è il santo immortalato con la «bigarola», il grembiule bianco di chi serve in mensa. È un po’ il volto che vorrebbe dare alla «sua» Caritas, a due anni e poco più dal passaggio di consegne con l’ex direttore don Claudio Visconti, per tante ragioni un’eredità non facile. «Una Caritas non per i poveri ma con i poveri», è il concetto su cui insiste.
«Una Caritas — dice don Trussardi — che sappia riconoscere i propri limiti, che non si senta onnipotente». E che coltivi le relazioni: con le istituzioni, con le parrocchie, con le altre realtà «di frontiera» come il Patronato San Vincenzo.
Quarantanove anni, di Clusone, ora di stanza alla parrocchia di Valtesse, don Trussardi inizia le sue giornate con la messa e finisce la settimana con la catechesi agli adolescenti. D’estate c’è il Cre. Lo racconta lui, come per fare capire che l’imprinting vuole che resti quello del sacerdote, anche se la missione è di guidare «l’avamposto della Diocesi», definizione sua di Caritas, che tradotto vuole dire tutto quello che la Chiesa fa per il sociale, con milioni di euro da gestire ogni anno attraverso il braccio operativo che è Diakonia. Sono soldi che arrivano attraverso bandi, donazioni, fondi dello Stato per il capitolo richiedenti asilo, ridimensionatissimo rispetto al boom delle estati degli sbarchi da record. Per chi è stato colpito dalla pandemia, solo grazie al progetto con Intesa Sanpaolo, sono stati messi sul piatto 10 milioni (5 tra Diocesi, Caritas, Diakonia, parroci e vescovi italiani) per sostenere 3.300 famiglie. La formula è quella della carta-soldo su cui per tre mesi vengono caricate somme diverse a seconda delle situazioni: dai 600 euro per i single ai 1.200 per le famiglie numerose. «Per ora l’hanno ricevuta in 1.700 — spiega don Trussardi —. Stiamo vagliando altre 700 richieste, 320 sono state dirottate verso altri fondi e a 300 abbiamo detto di no per mancanza di requisiti». L’inizio è stato a giugno, la fine sarà a marzo 2021. «Poi vedremo com’è la situazione. La preoccupazione c’è». Gli aiuti Covid si sommano alla rete delle 2.300 persone che già ricevevano, ad esempio, il pacco di viveri mensile. Gente con una casa, spesso agganciata tramite le parrocchie, a cui si vorrebbe dare nuovo impulso. «Quest’anno abbiamo attivato 25 corsi di formazione per fare passare una cultura diversa della carità — racconta don Trussardi —. Troppo spesso si cade nell’errore dell’aiutare subito. Va creata, invece, una relazione con il povero prima, durante e dopo».
La sua guida è sul campo, «altrimenti rischi di non renderti conto delle situazioni. Entravo in dormitorio e gli operatori sgranavano gli occhi. Oppure portavo a bere il caffè qualche senzatetto che incontravo qui sotto al mattino e sembrava strano». Come quell’egiziano che periodicamente si presenta con 20, 30 euro da donare per ricambiare l’aiuto ricevuto dalla Caritas quando arrivò in Italia. «Deve essere una Caritas in uscita, nel senso che dobbiamo andarli a cercare, i poveri», dice il sacerdote. Sono parole che hanno fatto da testamento spirituale a don Fausto Resmini, il prete degli ultimi. Sulla marginalità estrema Caritas lavora su più fronti: dalle docce all’armadio condiviso, fino ai dormitori. «Ora, d’intesa con il Comune, il Patronato e i frati Cappuccini, stiamo ragionando su una nuova collocazione della mensa serale delle Autolinee». Uno spostamento caldeggiato dall’amministrazione che punterebbe ad alleggerire la zona dai cronici problemi di degrado. Gli stessi spazi, oggi, fanno anche da centro diurno per i più emarginati. L’idea sarebbe di trasferire la mensa forse per un periodo in San Giorgio, più in là è possibile nell’ala che resta da ristrutturare del Galgario, opera ferma alla convenzione non ancora firmata con Palazzo Frizzoni.
La strada resta un tema anche rispetto ai richiedenti asilo. Caritas ne gestisce circa 400: 69 nella struttura di Botta di Sedrina, 165 al Gleno e il resto tramite l’accoglienza diffusa. Numeri imparagonabili, per difetto, a quelli dell’ultimo periodo con don Visconti, a cui risale l’indagine della Procura, amaro capitolo emerso prima dell’estate. Oggi gli arrivi in Lombardia sono fermi e il problema, semmai, è per chi esce dall’accoglienza. «Durante l’emergenza sanitaria le revoche nelle strutture erano state bloccate. Sono riprese a settembre e ci siamo ritrovati un centinaio di immigrati fuori. È chiaro che l’impatto è diverso, soprattutto in stazione. È un problema che dobbiamo porci: è dignitoso lasciare persone in strada?».
❞ La Caritas non deve essere per i poveri ma con i poveri. Grazie al progetto con Intesa Sanpaolo abbiamo già aiutato 1.700 famiglie colpite dalla pandemia don Roberto Trussardi Caritas
La formazione Nelle parrocchie avviati 25 corsi per imparare a gestire la carità: «Più relazione col povero»