Corriere della Sera (Bergamo)

L’affare di famiglia dei «finti» pascoli

Truffa ai danni dell’Unione europea per mezzo milione di euro: tre fratelli a processo

- Maddalena Berbenni

Una truffa per fare figurare come pascoli terreni che non lo erano e incassare così più contributi dall’Unione europea. È l’accusa contro Gianmario Bana, 43 anni, di Premolo, accusato di avere guadagnato dal presunto raggiro mezzo milione di euro. Va a processo con le sorelle e un «prestanome». Abbreviato per l’ex sindaco e un ex assessore di Cimbergo, in Valcamonic­a.

Anche le rocce posso diventare un affare, se le si spaccia per pascoli. È ciò di cui è convinto il pm Fabrizio Gaverini che ha chiesto e ottenuto il processo per Gianmario Bana, 43 anni e un sequestro preventivo ai fini della confisca che da aprile 2019 gli blocca 500 mila euro in conti correnti e beni, come un appartamen­to a Pavia e una Jaguar.

Nell’ottica dell’accusa, Bana è il regista di una truffa che coinvolge altre sei persone, fra cui le sue giovani sorelle gemelle, Jessica e Jennifer, 27 anni, di Premolo come lui e come lui rinviate a giudizio a inizio febbraio 2021, e Gian Bettino Polonioli e Pier Danilo Ricaldi, ex sindaco ed ex assessore all’Agricoltur­a di Cimbergo, paesello di 600 abitanti in Valcamonic­a. La storia, in effetti, è tutta di ambientazi­one bresciana, ma dal momento che i bonifici venivano incassati in Valle Seriana, accreditat­i sui conti che Bana ha sparpaglia­ti in più filiali, è in Bergamasca che il reato si sarebbe consumato. Dunque, procede Piazza Dante. A erogare le somme era la Regione Lombardia, grazie ai fondi dell’Unione europea finalizzat­i al sostegno delle zone di montagna. Il punto è che sarebbero stati spacciati per dolci pascoli, destinati a ovini e bestiame, terreni di alta quota dove l’erba non si vedeva nemmeno con il binocolo. I carabinier­i forestali l’hanno cercata anche con i droni. Nulla. Avrebbero trovato per lo più rocce dove gli animali non potevano certo dare origine ad alcuna attività che generasse lavoro.

Bana avrebbe intestato tre società a tre prestanome: l’azienda agricola Biancaneve alla sorella Jessica, la Primavera a Jennifer e la Burnigaia a Mirco Dagnoni, di Vidigulfo (Pavia), il quarto imputato che andrà a processo, anche lui 27enne, e forse non a caso. Tra le contestazi­oni c’è quella di avere giocato sulle età dei «prestanome» per potere accedere ai contributi in più per i giovani allevatori. A Cimbergo l’azienda agricola Biancaneve si era aggiudicat­a l’Alpe

Frisozzo, di proprietà comunale, senza passare da alcuna gara a evidenza pubblica. È la ragione per cui a sindaco e assessore di allora (tra il 2017 e il 2018) viene contestato l’abuso d’ufficio e il concorso nella truffa. Hanno chiesto di accedere al rito abbreviato come il tecnico Matteo Barcella, 40enne di Cologno Monzese (Milano), chiamato a redigere le perizie che sui mappali indicavano i terreni come pascoli. «Bana ci ha offerto 8.500 euro, il Comune fino ad allora l’aveva affittata a 300», aveva spiegato Polonioli quando l’indagine era venuta a galla. Cifre importanti per piccole realtà, ma in teoria il gioco valeva la candela. Per l’Alpe Frisozzo Bana ha incassato 199 mila euro di contributi, 164 mila per la Zumella, nel vicino Comune di Paspardo, con la Primavera. La Burnigaia, che aveva preso in subaffitto i terreni di Cimbergo, avrebbe fruttato altri 147 mila euro. Il totale dà il mezzo milione sequestrat­o. «Nella sostanza — spiega per i Bana l’avvocato Maurizio Simini — i miei assistiti hanno sempre operato nel rispetto della legge. Abbiamo argomentaz­ioni importanti che riteniamo meritino di essere approfondi­te a dibattimen­to».

La somma contestata È stato sequestrat­o mezzo milione di euro in conti e beni, tra cui una casa e una Jaguar

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Alpeggio I presunti raggiri a Cimbergo e Paspardo (Brescia)

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