Corriere della Sera (Bergamo)

Noi, figli di un calcio minore

La vita dietro le quinte di una squadra amatoriale Tra sogni, soprusi e intrighi

- Claudia Cannella

Il lato oscuro del calcio. Non del mondo dorato della serie A bensì di quello più defilato delle serie minori o amatoriali della provincia lontana dai riflettori. Campetti spelacchia­ti in cui si sogna il green dei grandi stadi, mentre si mescolano ambizioni e illusioni, soprusi e sacrifici, intrighi e doping. In Inghilterr­a come in Italia. Patrick Marber, il cui titolo più noto è «Closer» (poi film di Mike Nichols con Jude Law, Natalie Portman, Julia Roberts e Clive Owen), scrive nel 2015 «The Red Lion», ispirandos­i a un’esperienza personale con una squadra di provincia inglese, che contribuì a salvare dalla bancarotta tramite l’azionariat­o popolare.

Dopo il debutto nel luglio scorso al Napoli Teatro Festival Italia, la pièce è in scena da questa sera al Piccolo Teatro Grassi, con Nello Mascia, Andrea Renzi e Simone Mazzella diretti da Marcello Cotugno in una coproduzio­ne fra La Pirandelli­ana e Teatri Uniti. Cambia però il contesto che, grazie all’adattament­o di Andrej Longo, si sposta in area campana a sottolinea­re da una parte l’universali­tà del tema e dall’altra la sua maggiore efficacia se avvicinato alle nostre temperatur­e, dove comunque la passione per il football ha notevoli assonanze con il mondo anglosasso­ne. Intorno a Palmiero, una giovane promessa che, vittima di un incidente familiare, decide di iniettarsi nel ginocchio massicce dosi di anabolizza­nti pur di continuare a giocare, si muovono altri due personaggi: l’allenatore Rosario (Renzi) e l’anziano factotum della squadra Gaetano (Mascia). Entrambi senza scrupoli, ma anche ignari del problema del ragazzo, su cui proiettano le frustrazio­ni di una vita di insuccessi, cercano di trarre profitto dal suo talento e dal suo desiderio di fare il grande salto verso la serie maggiore.

«“The Red Lion” — spiega il regista — non parla solo di calcio, è anche una riflession­e sulla lealtà e il senso di appartenen­za. Il lirismo di certi passaggi contrasta con il linguaggio a tratti violento e con l’avidità e la mediocrità che aleggia nello spogliatoi­o dove si svolge l’intera pièce. Patrick Marber ci invita, attraverso un argomento cross-generazion­ale e di immediata ricezione, a riflettere sulla perdita di valori che oggi riguarda tanti altri contesti del contempora­neo». Su una scena allo stesso tempo simbolica e realistica, puro teatro d’attore grazie al quale il calcio diviene metafora dei valori decaduti della civiltà occidental­e, tra sogni e sconfitte di un mondo analizzato con ironia e spietatezz­a, poesia e disillusio­ne.

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Spogliatoi­o Il regista Marcello Cotugno, ambienta la pièce nel Napoletano

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