Corriere della Sera (Bergamo)

Palazzo Libertà, degrado elevato Dieci lastroni da sostituire

È alle fasi conclusive l’intervento alla facciata principale Rilevati gravi danni per l’infiltrazi­one della pioggia

- Fabio Paravisi

«Spanciamen­ti», «degrado elevato», «incipiente distacco»: sono quelle cose che non si vorrebbe mai leggere nella relazione tecnica di un edificio. Soprattutt­o se si tratta di un palazzo storico che si vuole utilizzare in tempi brevi. Eppure sono quelli contenuti nella «Relazione illustrati­va generale» stesa dallo studio Foppoli-Morletta di Tirano, che è alla base dell’intervento di risanament­o in corso a Palazzo Libertà, e in base alla quale una decina di lastre dovranno essere sostituite. I lavori alla facciata sono a buon punto e dovrebbero concluders­i a metà dicembre, con i ponteggi che saranno poi rimossi entro a fine mese in tempo per consentire di usare il palazzo per la Capitale della Cultura. L’intervento si sposterà poi sulle facciate laterali che danno sulle vie Duzioni e Monte Nero, mentre su quella posteriore in via Zelasco si potrà lavorare entro febbraio.

I ritardi

Dopo gli allarmi per possibili distacchi la facciata era stata transennat­a nel 2019. L’intervento sarebbe dovuto essere eseguito dal Provvedito­rato alle Opere pubbliche, che aveva fatto un bando per l’impermeabi­lizzazione del tetto (mai eseguito) e uno per la «verifica della vulnerabil­ità sismica», ma per i controlli delle quattromil­a lastre di marmo niente. Alla fine lo stesso Demanio ha preso in mano la situazione con un investimen­to di 3 milioni di euro: «Abbiamo concluso — dice ora l’Agenzia — le indagini di vulnerabil­ità sismica e avviato i lavori di riqualific­azione. La sinergia con il Comune è massima per accelerare e rispettare i tempi: l’edificio sarà nella piena disponibil­ità della città di Bergamo entro la fine dell’anno».

Infiltrazi­oni

I mali del palazzone degli anni Quaranta sono antichi, e basati sulla scelta di ricoprire il calcestruz­zo con il marmo di Zandobbio, ottimo per le sculture ma un po’ meno per le coperture degli edifici, visto che si presta a microfessu­razioni e scagliatur­e. Molti dei problemi sono causati dall’acqua: il palazzo non ha gronda e quindi niente che protegga dalla pioggia le lastre, a loro volta spesso posate in modo tale da favorire le infiltrazi­oni. Lo stesso tetto ha fatto per anni passare acqua, tanto che un intervento a parte riguarderà la copertura. Già nel 1961 erano stati segnalati («non per la prima volta», nota l’ingegner Alessandro Armanasco nella relazione) problemi di infiltrazi­oni sui lastroni di facciata. Tra il 1965 e il 1967 i primi lavori: estrazione delle lastre pericolant­i, sostituzio­ne delle zanche di sostegno in ferro zincato, iniezioni di cemento liquido, sigillatur­e, stuccature e posa di nuove lastre. Nel 2003 nuovo distacco di marmo e scoperta di 15 lastroni pericolant­i, e quindi fissaggio con barre d’acciaio e resine, e chiusura dei fori con mastice. Fino all’allarme del 2019.

La stessa relazione ricorda che «l’efficacia e la durabilità degli interventi possono essere considerat­e effettive solamente in seguito alla risoluzion­e delle problemati­che re

lative all’infiltrazi­one» della pioggia.

I problemi

Sono stati fatti prelievi a campione, controlli ravvicinat­i e a distanza, e rilievi con laser scanner. Le osservazio­ni, dice la relazione, hanno fatto emergere «un degrado elevato su numerosi elementi di rivestimen­to», con «il distacco e la caduta di alcune parti delle lastre esterne, in particolar­e quelle dei pilastri in facciata».

Dove ogni lastra da 3 quintali, per il degrado dei sostegni, pesa su quella inferiore. Una era stata fasciata perché «oltre ad avere distacchi e mancanze, ha avuto una importante deformazio­ne del tipo spanciamen­to», quindi con un rigonfiame­nto. Non solo: «in numerosi altri punti si vedono lastre o parti di spanciata in condizioni di incipiente distacco». Problemi anche per sostegni metallici «ormai a vista che, con la loro ossidazion­e e il conseguent­e aumento volumetric­o, hanno espulso (o sono in procinto di farlo)» la lastra. Molti ferri sono arrugginit­i, si scagliano, si gonfiano e si polverizza­no in superfice. In alcuni punti le lastre hanno fessure amplificat­e dalla pioggia e dal ciclo gelo-disgelo, con danni nelle parti interne, elementi in ferro arrugginit­i e stuccature dei perni di ancoraggio ormai saltate. Ci sono anche «fessurazio­ni per carichi o eccessivo peso» e un degrado che va «dall’erosione superficia­le all’attacco biologico, macchie di ossidazion­e e stuccature improprie». Le infiltrazi­oni con presenze di crosta nera e muffa sono visibili anche nel portico e sotto lo scalone del pulpito, che «sarebbe opportuno sanare al più presto per evitare ulteriore degrado».

L’intervento

Siamo quindi ai lavori, iniziati con la rimozione delle parti in via di distacco. Si è poi passati al lavaggio con acqua e la stesura di biocida, e poi pulitura delle sculture con spazzolatu­ra, acqua deminerali­zzata, detergenti e tensioatti­vi. Quindi le parti in ferro aggredite dalla ruggine: spazzolatu­ra per l’eliminazio­ne delle scaglie e delle polveri di ossidazion­e, e stesura di prodotti di protezione, stuccatura delle lesioni, delle fessurazio­ni e dei giunti mancanti. Per le parti danneggiat­e, il principio è quello di conservare il più possibile, magari togliendo la parte di lastra, riparandol­a e rimettendo­la con un nuovo giunto in vetroresin­a. Ma si calcola che in tutto il palazzo dovrà essere sostituita una decina di lastroni. Il tutto sarà infine coperto da un prodotto protettivo.

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A sinistra: i lavori. Sopra: il degrado superficia­le delle lastre; il soffitto del porticato e la differenza tra la parte pulita e quella sporca
Intervento A sinistra: i lavori. Sopra: il degrado superficia­le delle lastre; il soffitto del porticato e la differenza tra la parte pulita e quella sporca

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