Palazzo Libertà, degrado elevato Dieci lastroni da sostituire
È alle fasi conclusive l’intervento alla facciata principale Rilevati gravi danni per l’infiltrazione della pioggia
«Spanciamenti», «degrado elevato», «incipiente distacco»: sono quelle cose che non si vorrebbe mai leggere nella relazione tecnica di un edificio. Soprattutto se si tratta di un palazzo storico che si vuole utilizzare in tempi brevi. Eppure sono quelli contenuti nella «Relazione illustrativa generale» stesa dallo studio Foppoli-Morletta di Tirano, che è alla base dell’intervento di risanamento in corso a Palazzo Libertà, e in base alla quale una decina di lastre dovranno essere sostituite. I lavori alla facciata sono a buon punto e dovrebbero concludersi a metà dicembre, con i ponteggi che saranno poi rimossi entro a fine mese in tempo per consentire di usare il palazzo per la Capitale della Cultura. L’intervento si sposterà poi sulle facciate laterali che danno sulle vie Duzioni e Monte Nero, mentre su quella posteriore in via Zelasco si potrà lavorare entro febbraio.
I ritardi
Dopo gli allarmi per possibili distacchi la facciata era stata transennata nel 2019. L’intervento sarebbe dovuto essere eseguito dal Provveditorato alle Opere pubbliche, che aveva fatto un bando per l’impermeabilizzazione del tetto (mai eseguito) e uno per la «verifica della vulnerabilità sismica», ma per i controlli delle quattromila lastre di marmo niente. Alla fine lo stesso Demanio ha preso in mano la situazione con un investimento di 3 milioni di euro: «Abbiamo concluso — dice ora l’Agenzia — le indagini di vulnerabilità sismica e avviato i lavori di riqualificazione. La sinergia con il Comune è massima per accelerare e rispettare i tempi: l’edificio sarà nella piena disponibilità della città di Bergamo entro la fine dell’anno».
Infiltrazioni
I mali del palazzone degli anni Quaranta sono antichi, e basati sulla scelta di ricoprire il calcestruzzo con il marmo di Zandobbio, ottimo per le sculture ma un po’ meno per le coperture degli edifici, visto che si presta a microfessurazioni e scagliature. Molti dei problemi sono causati dall’acqua: il palazzo non ha gronda e quindi niente che protegga dalla pioggia le lastre, a loro volta spesso posate in modo tale da favorire le infiltrazioni. Lo stesso tetto ha fatto per anni passare acqua, tanto che un intervento a parte riguarderà la copertura. Già nel 1961 erano stati segnalati («non per la prima volta», nota l’ingegner Alessandro Armanasco nella relazione) problemi di infiltrazioni sui lastroni di facciata. Tra il 1965 e il 1967 i primi lavori: estrazione delle lastre pericolanti, sostituzione delle zanche di sostegno in ferro zincato, iniezioni di cemento liquido, sigillature, stuccature e posa di nuove lastre. Nel 2003 nuovo distacco di marmo e scoperta di 15 lastroni pericolanti, e quindi fissaggio con barre d’acciaio e resine, e chiusura dei fori con mastice. Fino all’allarme del 2019.
La stessa relazione ricorda che «l’efficacia e la durabilità degli interventi possono essere considerate effettive solamente in seguito alla risoluzione delle problematiche re
lative all’infiltrazione» della pioggia.
I problemi
Sono stati fatti prelievi a campione, controlli ravvicinati e a distanza, e rilievi con laser scanner. Le osservazioni, dice la relazione, hanno fatto emergere «un degrado elevato su numerosi elementi di rivestimento», con «il distacco e la caduta di alcune parti delle lastre esterne, in particolare quelle dei pilastri in facciata».
Dove ogni lastra da 3 quintali, per il degrado dei sostegni, pesa su quella inferiore. Una era stata fasciata perché «oltre ad avere distacchi e mancanze, ha avuto una importante deformazione del tipo spanciamento», quindi con un rigonfiamento. Non solo: «in numerosi altri punti si vedono lastre o parti di spanciata in condizioni di incipiente distacco». Problemi anche per sostegni metallici «ormai a vista che, con la loro ossidazione e il conseguente aumento volumetrico, hanno espulso (o sono in procinto di farlo)» la lastra. Molti ferri sono arrugginiti, si scagliano, si gonfiano e si polverizzano in superfice. In alcuni punti le lastre hanno fessure amplificate dalla pioggia e dal ciclo gelo-disgelo, con danni nelle parti interne, elementi in ferro arrugginiti e stuccature dei perni di ancoraggio ormai saltate. Ci sono anche «fessurazioni per carichi o eccessivo peso» e un degrado che va «dall’erosione superficiale all’attacco biologico, macchie di ossidazione e stuccature improprie». Le infiltrazioni con presenze di crosta nera e muffa sono visibili anche nel portico e sotto lo scalone del pulpito, che «sarebbe opportuno sanare al più presto per evitare ulteriore degrado».
L’intervento
Siamo quindi ai lavori, iniziati con la rimozione delle parti in via di distacco. Si è poi passati al lavaggio con acqua e la stesura di biocida, e poi pulitura delle sculture con spazzolatura, acqua demineralizzata, detergenti e tensioattivi. Quindi le parti in ferro aggredite dalla ruggine: spazzolatura per l’eliminazione delle scaglie e delle polveri di ossidazione, e stesura di prodotti di protezione, stuccatura delle lesioni, delle fessurazioni e dei giunti mancanti. Per le parti danneggiate, il principio è quello di conservare il più possibile, magari togliendo la parte di lastra, riparandola e rimettendola con un nuovo giunto in vetroresina. Ma si calcola che in tutto il palazzo dovrà essere sostituita una decina di lastroni. Il tutto sarà infine coperto da un prodotto protettivo.