«Foibe, una tragedia che non dev’essere dimenticata» Le cerimonie per ricordare le vittime in Jugoslavia e le tante famiglie che cercarono aiuto in città
Le persecuzioni, le «sparizioni di migliaia di persone nelle foibe e nei campi di prigionia, le uccisioni, le torture» patite dagli italiani d’Istria, Dalmazia e VeneziaGiulia alla fine della Seconda Guerra Mondiale sotto l’occupazione dei comunisti jugoslavi «costituiscono una tragedia che non può essere dimenticata». Il muro di silenzio che ha colpito le vittime dei partigiani di Tito, già citato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, è evocato anche dal sindaco Giorgio Gori, durante la cerimonia svoltasi nel parco delle rimembranze in Rocca per la Giornata del Ricordo: «Quei tentativi di negazione o di minimizzazione hanno rappresentato un affronto alle vittime e alle loro famiglie, oltre che una ferita per la coscienza collettiva del Paese». Indifferenza richiamata anche dal consigliere provinciale Damiano Amaglio: «Spesso richiamiamo il tema delle radici, dell’appartenenza. Credo che pochi esempi nel nostro Paese possano dimostrare come si debba essere attaccati alle proprie radici, quando tutto ciò che c’è attorno a te lavora per spezzarle e cancellarle».
In occasione del ventennale del Giorno del Ricordo, Gori si rivolge agli «eredi ormai di terza generazione dei profughi che vennero condotti nella nostra città». Furono 350 mila gli esuli giuliani, istriani e dalmati, tanti arrivarono a Bergamo nei primi anni del Dopoguerra, molti di loro trovarono ospitalità nei quartieri della Malpensata, Celadina e Clementina: «La maggior parte dei polesani fu accolta alla Clementina, dove c’era il Pio
Ricovero per i feriti della guerra. Di tutto quel complesso, adibito a centro di raccolta per i profughi, oggi resta solo la chiesa — spiega Maria Elena Depetroni, presidente del comitato di Bergamo dell’Associazione nazionale VeneziaGiulia e Dalmazia —. Si stima in quel punto siano transitate tra le 1.300 e le 1.600 persone». Il sindaco ripercorre le tappe di quanto avvenuto nelle terre d’origine degli esuli: «Passarono senza interruzioni da una dittatura all’altra, dal nazifascismo a quella del comunismo. Quest’ultima scatenò contro gli italiani una violenta slavizzazione, una persecuzione mascherata da rappresaglia per le angherie fasciste. Che c’erano state, è giusto ricordarlo, perché è certo che il dominio fascista, in precedenza, era stato crudele nei confronti delle minoranze slave. Ma la ferocia che si scatenò contro gli italiani fu un’operazione di vera e propria pulizia etnica, che colpì in modo crudele e generalizzato una popolazione inerme e incolpevole».