«Io, prima donna meccanico nella carrozzeria Ferrari»
Monica Zanetti agli studenti: «Trovo ancora uomini che mi ostacolano»
La classe del Consorzio Enfapi, la scuola professionale di Confindustria di Treviglio, è composta solo da maschi che non perdono una parola di Monica Zanetti, 61 anni, mentre racconta come, con martello e trapano, modellava il cofano o le portiere delle Ferrari. Il loro percorso di studi per diventare meccanici è appena iniziato, ma i loro occhi si illuminano ad ascoltare chi a 15 anni, appena più grande di loro, si è trovata a varcare, prima donna in assoluto, i cancelli dell’officina di Maranello. Un percorso tra i motori che Zanetti non ha ancora finito e, dopo 40 anni, l’ha portata con Gemma Provenzano a dar vita alla scuderia «Belle epoque», che restaura e fa tornare in pista auto storiche.
«Una carriera nata da un sogno e giocata tutta sotto il segno della passione», racconta mentre gli studenti, moderati dall’insegnante Miriam D’Ambrosio, la bersagliano di domande. Un sogno che sembrava impensabile per una donna negli anni ‘70 come ammette la stessa Zanetti. «Mio zio era meccanico alla Ferrari — spiega — e in casa passavano tante persone che lavoravano in quel mondo. Io ho deciso di volerne far parte la prima volta che ho visto le auto su un circuito a Modena. Lo sentivo dentro che quella era la mia strada, anche se tutti mi dicevano che era impossibile».
Per questo Zanetti si iscrive alla scuola Ipsia, voluta dallo stesso Ferrari, per dare una formazione professionale ai ragazzi di Maranello. La Ferrari però ha bisogno di personale e arriva una chiamata anche per lei.
«Speravo di andare in officina — prosegue Zanetti —, ma hanno avuto un’emergenza in carrozzeria e mi hanno messo lì. Il lavoro era duro. Non avevo paura di sporcarmi ma i guanti non esistevano. Le unghie curate me le sono potute permettere solo quando ho smesso».
Una presenza femminile fuori dall’amministrazione o dal reparto dove si cucivano le tappezzerie, però, era una novità. «Il mio unico obiettivo — ricorda Zanetti — era diventare un meccanico. Però ho dovuto ammettere che non potevo fare tutti i lavori. Non c’è vergogna nell’ammettere che la fisicità e la forza tra uomo e donna sono diverse. Oggi con la tecnologia si compensa e lo sforzo fisico richiesto è molto minore, ma una volta era diverso».
Zanetti dal canto suo ha una precisione nel lavoro e una manualità che le hanno permesso di distinguersi sempre. «Per questo — dice con orgoglio — nel 1987 mi hanno chiamato insieme ad altri tre per la linea che doveva realizzare la F40. Era l’auto per l’anniversario dei 40 anni dell’azienda. Enzo Ferrari stava per festeggiare i 90 anni e la voleva. In azienda si cominciava a capire che il Drake era malato e si sono anticipati i tempi. Era una sfida innanzitutto tecnologica perché per la prima volta si usava carbonio e resina per la carrozzeria». Un modello, quello del quarantennale, a cui Monica Zanetti legherà il suo nome diventando nell’ambiente lady F40. «Io però — ricorda — sognavo la pista e la Formula 1. Per questo una volta al mese andavo all’ufficio personale. Ma non ci fu verso. Arrivai alle corse solo anni dopo con Jean Todt che mi volle alla Maserati, dove lavorai sulla Mc12. La Formula 1 è ancora il mio sogno e mollerei tutto per lavorarci». Ma le dicono ancora che per una donna è impossibile fare il meccanico? «Sono stati fatti tanti passi in avanti, eppure ci sono ancora uomini che non capiscono che si può lavorare insieme e non gli togli niente, ma loro ti ostacolano lo stesso».
Per il quarantennale «Nel 1987 partecipai alla realizzazione della F40, era la prima auto con la carrozzeria in carbonio e resina»