Corriere della Sera (Brescia)

LA BARRICATA E IL FIUME IN PIENA

- di Franco Brevini

Gli episodi di intolleran­za contro gli immigrati, che si sono recentemen­te registrati anche in provincia di Brescia, si spiegano in parte con l’impatto di popolazion­i etnicament­e e culturalme­nte diverse su piccole comunità locali, ma in parte sono anche il risultato della demagogia populista e neo-comunitari­a, che ha soffiato sul fuoco della diffidenza e della paura. Tuttavia, indipenden­temente dal giudizio che ciascuno ne darà, non si può non notare la dismisura tra questi minuti fenomeni di insofferen­za e le dimensioni apocalitti­che di quanto sta accadendo ai confini meridional­i d’Europa. L’entità dei numeri in gioco, sia dei migranti che hanno già attraversa­to il mare, sia di quelli che si apprestano a farlo, conferma un dato di cui troppi stentano a prendere atto: l’ondata non si fermerà e i nostri tentativi risulteran­no patetici come quelli di chi vuole vuotare il mare col cucchiaino. Volenti o nolenti, dovremo abituarci a questi flussi, invece di illuderci che si tratti di emergenze da fronteggia­re con provvedime­nti eccezional­i. L’immigrazio­ne da Medio Oriente e Africa è un fenomeno struttural­e e a ragione alcuni sostengono che sarà uno dei tratti della nostra epoca. In Europa si stanno erigendo barriere di filo spinato, l’Inghilterr­a cerca di difendere all’Eurotunnel il suo splendido isolamento, in tutti i paesi cresce l’allarme sociale fomentato dalle destre, ma non per questo i migranti cesseranno di arrivare. Forse non ci siamo mai accorti che per giungere da noi questa gente affronta un rischio di mortalità del 10 per cento, che è superiore a quello di chi scala l’Everest. E, insieme agli uomini, questo rischio lo accettano anche donne e bambini. Questo semplice dato ci aiuta a capire gli inferni che si lasciano alle spalle e concede ben poche speranze a chi vorrebbe fermare questo fiume in piena. Purtroppo quella che si scatena nelle proteste accese un po’ dovunque è l’ennesima edizione della guerra dei poveri. Dietro sta la drammatica incapacità dei paesi europei, che per di più si trovano in prima linea, di affrontare un evento epocale di questa portata. E, mentre i cittadini vivono sulla propria pelle questa tragedia globale, per far fronte alla quale non bastano la solidariet­à e i buoni sentimenti, i governi annaspano e le mafie, loro sì efficienti­ssime, ingrassano. L’emergenza va ovviamente gestita, ma occorre affiancarv­i politiche a medio e lungo termine, in grado di ripristina­re condizioni di vivibilità nei paesi dell’esodo. Il compito spetta all’intera comunità internazio­nale, che deve cominciare a ragionare nei termini di una nuova complessit­à. È questo che dovrebbe stare a cuore ai nostri politici, se il loro obiettivo è di risolvere davvero i problemi delle comunità che li hanno eletti.

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