Corriere della Sera (Brescia)

Le vite ai margini nei «Ri-scatti» di fotografi di strada

Immagini A Palazzo Martinengo, fino al 12 settembre, l’emozionant­e mostra «Ri-scatti» nato da un’idea della giornalist­a bresciana Federica Balestrier­i

- di Nino Dolfo

Un rovesciame­nto della prospettiv­a: da soggetti-oggetti in corpore vivo dell’ iconografi­a della marginalit­à, i senza fissa dimora riacquista­no il diritto di sguardo, la dignità di testimoni del proprio tempo. «Ri-scatti», titolo bello, tagliato e tagliente come una ghigliotti­na semantica, della mostra ospitata a Palazzo Martinengo, è l’ultimo step di una progetto promosso dall’Associazio­ne Terza Settimana di Torino in collaboraz­ione con l’Assessorat­o alle Politiche Sociali e l’Assessorat­o alla Cultura del Comune di Milano, nato da un’idea di Federica Balestrier­i, giornalist­a Rai di natali bresciani.

Il progetto, realizzato in collaboraz­ione con l’agenzia fotografic­a Sgp Stefano Guindani Photo ed Echo Photo Agency ha dato l’opportunit­à ad un manipolo di persone in temporanea difficoltà, che per diverse vicissitud­ini si sono trovate intrappola­te nella risacca della crisi economica — gli «invisibili» secondo la vulgata, che è tale solo per i distratti — di seguire un percorso di formazione profession­ale sul linguaggio fotografic­o finalizzat­o al reinserime­nto sociale.

La mostra, curata da Chiara Oggioni Tiepolo, è il risultato di questo percorso espressivo che restituisc­e un reportage dall’interno in cui gli occhi di questi nuovi fotografi «di strada» — mai definizion­e fu più appropriat­a — sono un prezioso strumento di valutazion­e storica del presente. Le immagini, poco più di ottanta, raccontano la quotidiani­tà minuta del tempo materiale, che è fatta di attese e fisiologia. La città che fa da sfondo è la Milano dell’Expo, il cui logo, in uno scatto, sovrasta e stride con una figura che è portatrice di miseria e disagio. Le contraddiz­ioni tra il trionfo del superfluo e la lotta per la sopravvive­nza affiorano inevitabil­mente nel tessuto sociale che emerge. Un barbone dorme nei cunicoli della metropolit­ana, mentre sullo sfondo campeggia il cartellone di una nota griffe di jeans alla moda. E la pubblicità torna in un’altra fotografia, una sorta di icona della ipocrisia post-moderna, a sottolinea­re lo scarto tra la frenesia virtuale dei consumi e dei modelli culturali (la promessa di un domani radioso, protetto e coeso da uno stereotipo di famiglia perfetta: «con chi ami arrivi più lontano», recita il claim), mentre al di sotto giace un clochard, il cui futuro si è invece arenato, e appena a fianco si intravede una gioielleri­a.

Ci sono i luoghi «fuori campo» che i senzatetto abitano: le periferie malandate e anonime con la babele graffitara dei segni, i giardini incolti e i cortili soffocati dal cemento, le case abbandonat­e e che tuttavia offrono rifugio, i dormitori pubblici e il deposito carrozze della stazione che sono buon albergo, gli accampamen­ti di fortuna lungo una roggia, i carrelli della spesa che trasportan­o bagagli. Non manca la rappresent­azione del cibo, bisogno primario e quasi un controcant­o al tema di Expo: un buffet variopinto e stracolmo di un ristorante fa da spalla al frugale vassoio della mensa popolare.

Ma non c’è alcun dramma ostentato nella sua crudezza e nemmeno alcuna acrimonia polemica da parte degli autori, che preferisco­no dare voce alla propria identità, mettendo a nudo con estremo pudore emozioni, sogni e anche desideri di riscatto, senza per questo ricorrere al ricatto della pie- tà. E il silenzio che emana da queste fotografie ha una forza d’urto impression­ante ed è assordante per le nostre coscienze.

I fotografi esposti a Brescia sono Dino Luciano Bertoli (vincitore del concorso, premiato con una borsa lavoro della durata di sei mesi rinnovabil­i presso l’agenzia fotografic­a di Stefano Guindani), Massimo La Fauci, Karim Hamras, Mario Lotto, Samira Aaouida, Gino Niccolai e Sofiene Bouzayene. Quest’ultimo, tunisino, cuoco e cameriere, venuto in Italia in cerca di miglior fortuna, ci ha confidato che la fotografia è per lui un «richiamo della foresta», un destino cui non si sfugge: suo padre in patria fa già il fotografo.

La mostra rimane aperta fino al 12 settembre. Le opere esposte sono cedibili a fronte di una donazione e il ricavato sarà devoluto a sostegno dei fotografi senza tetto e del dormitorio San Vincenzo de Paoli a Brescia.

Non c’è alcun dramma ostentato e nemmeno acrimonia polemica da parte degli autori Il silenzio che emana da queste fotografie ha una forza d’urto impression­ante

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 ??  ?? In via Musei Alcune immagini della mostra a palazzo Martinengo (Fotogramma). La mostra è visitabile tutti i giorni dalle 10 alle 19, ingresso libero
In via Musei Alcune immagini della mostra a palazzo Martinengo (Fotogramma). La mostra è visitabile tutti i giorni dalle 10 alle 19, ingresso libero
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