Stamina Due, la verità del chirurgo: «Nessuna infusione nel mio studio»
«A Brescia si eseguiva solo una minima parte, del tutto lecita, della procedura»
Ho agito secondo le regole, senza fini di lucro e per un più alto ideale
Il lettino di pelle bianca nel suo studio è colmo di documenti e articoli accuratamente archiviati. Nella sala d’attesa le pareti sono tappezzate di titoli di studio e specializzazione, conseguiti in Italia e all’estero. «E secondo lei avrei deliberatamente messo a rischio tutto questo? Anni di brillante carriera, per cosa? Qualche migliaio di euro? Ma per favore...».
Si arrabbia e punta il dito contro chi l’ha «ingiustamente» accusato il dottor Erri Cippini, chirurgo plastico bresciano, indagato con altre sei persone per associazione a delinquere finalizzata alla truffa nell’inchiesta sulle presunte «staminali miracolose» propinate con l’inganno a pazienti affetti da patologie neurodegenerative, e che già avevano avuto a che fare con Stamina. Era finito ai domiciliari. Il Riesame ha revocato la misura: nessun raggiro, scrivono i giudici, la terapia era «sperimentale» e i pazienti perfettamente «consapevoli» del progetto.
«Sono stanco delle bugie che sono state dette sul mio conto». Una su tutte: «Non ho mai, e dico mai, praticato alcuna infusione sui pazienti nel mio studio». Vale a dire iniezioni con esosomi ricavati dal trattamento del tessuto adiposo prelevato dai familiari dei pazienti («di questo sì, me ne occupavo io, è il mio lavoro») e bancato nel lautilizzabili svizzero della Med Cell. Ci mostra tutta la documentazione, a partire dalle certificazioni della struttura oltreconfine.
Ci parla della terapia. Che, in primis, era «ben spiegata» ai pazienti. Gli esosomi sono «microvescicole prodotte in ogni cellula, quindi anche le staminali, e con le quali le stesse cellule dialogano tra loro. Non contengono dna e sono quindi in maniera autologa e omologa, come dimostrano i trial clinici». In questo caso «derivano dalla coltura delle staminali di tessuto adiposo e sostanzialmente insegnano la capacità rigenerativa alle altre cellule del corpo umano». E la Med Cell «è una stem cell factory svizzera di grande spessore e qualità, che si avvale di questa procedura in diversi campi: dall’anti-age alle malatboratorio tie infiammatorie articolari fino ad alcune malattie neurodegenerative», tanto che le infusioni venivano già praticate in una clinica svizzera autorizzata, e ne sfogliamo la brochure in merito. «C’erano oltre 300 pazienti in trattamento, senza alcun effetto collaterale, e già dall’agosto del 2014 un progetto di ricerca della Med cell con gli obiettivi di migliorare l’ottenimento di esosomi e creare trattamenti più specificamente adatti per condizioni cardiologiche neurologiche muscolari ed infiammatorie». Erri Cippini inizia a interessarsi del progetto «perché conoscevo alcune delle persone coinvolte» e perché, da chirurgo plastico ero interessato alla ricostruzione dopo la perdita di sostanza per tumore o trauma. In sostanza, «a Brescia si eseguiva solo una minima parte, del tutto lecita, della procedura: la miniliposuzione, appunto, inserita in un progetto più grande documentato e dichiarato fin dal suo inizio all’autorità svizzera competente». Ci sono le mail. E «tutto era ben chiaro ai pazienti» che «non ho mai reclutato, sia chiaro».
Le terapie con gli esosomi costavano migliaia di euro: 1.500 euro per la liposuzione, 3.500 per il bancaggio in Svizzera per 10 anni, 2mila per ogni fiala («tutto scritto nel contratto sottoscritto con Med Cell») per un massimo di tre somministrazioni (stabilito per non indurre false speranze e avere un tempo definito entro il quale valutare un’eventuale risposta). Al dottor Cippini, quindi, andavano 1.500 euro, «pagati con bonifico o assegno. Tutto fatturato. Considerando tasse, spese, e contributo alla fondazione, me ne restavano circa 300. Per un guadagno di soli 9mila euro in 18 mesi».
Tra gli indagati in questa inchiesta, coordinata dal pm Valeria Bolici, è finito anche Marino Andolina, pediatra triestino già condannato in primo grado per il caso Stamina. «L’ho visto una volta sola, nella primavera del 2014, quando andammo alla Med Cell. Tra noi non ci fu alcun rapporto. Le dirò di più. Io per primo raccomandai alla Med Cell di non volerlo nel gruppo perché il nostro era un progetto diverso da quello infusivo fatto a Zurigo».
L’ospedale di Casalmaggiore (Cremona) dove il dottor Cippini lavorava, «mi ha licenziato in tronco, con tanto di delibera esposta all’albo pretorio per 10 giorni. E questo mi rattrista e amareggia. Non me lo merito: ho sempre lavorato in modo professionale e ineccepibile». E degli esosomi, assicura, «non ne voglio più sapere. Non in Italia almeno». Pausa. «Credevo di essere parte di un progetto rivoluzionario e invece mi sono ritrovato alla gogna. Ho agito secondo le regole, certo che senza fini di lucro e per un più alto ideale si deve avere il coraggio di superare qualche limite per il benessere dei pazienti e il progresso scientifico». Se ne riparlerà in aula.