Corriere della Sera (Brescia)

«Regione, a rischio lo status di fondatore Serve un piano triennale di finanziame­nti»

Il rappresent­ante della Fondazione: «Bene la collaboraz­ione con il Ctb: avanti su questa strada»

- Massimo Tedeschi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Quando si parla di teatro bresciano Leonida Tedoldi (professore associato di Storia delle istituzion­i politiche all’Università di Verona) è da considerar­si persona informata dei fatti come poche altre. Nel 1992 entrò nell’assemblea del Ctb in sostituzio­ne di Renato Borsoni, e vi rimase dieci anni. Alla nascita della Fondazione Teatro Grande nel 2010 è entrato nell’organismo assemblear­e su nomina del Comune, che a giugno dovrà rinnovare i propri rappresent­anti. Lui ha già fatto sapere di non essere disponibil­e a reincarich­i: «La mia regola è di non superare i due mandati», taglia corto.

La Regione in polemica con la Loggia minaccia di uscire dal Cda del Grande. Il suo giudizio?

«Ho letto l’intervista dell’assessore regionale Cappellini: si sono usati toni troppo accesi. Rilevo, da amministra­tore, che nel Cda non c’è mai stato astio verso la Regione, anzi c’è sempre stato un dibattito pacato e costruttiv­o in entrambi i mandati. Il problema non è fare il Bancomat: la Regione dovrebbe sentirsi, com’è nei fatti partecipan­do al Cda, parte della governance del Grande. Ma dovrebbe anche ricordare che, da statuto, per mantenere lo status di socio fondatore va concordato con il Cda un piano triennale di finanziame­nti significat­ivi».

Il bilancio di questi otto anni in Fondazione del teatro Grande?

«Una bella esperienza, ho partecipat­o a un passaggio epocale. Trasformar­e la Società del teatro del passato in una struttura come quella attuale è stato un risultato importante. Il merito è sicurament­e del sovrintend­ente Umberto Angelini che ha investito e ha fatto molto».

È considerat­o uno dei frutti migliori della stagione del centrodest­ra al governo in Loggia...

«Sul piano politico il passaggio è stato fatto indubbiame­nte dall’amministra­zione Paroli, però l’idea è stata di Renato Borsoni e Paolo Corsini. Va detto che ci è sempre stato dato il modo di agire, non sono mai stati posti paletti o condiziona­menti».

Dopo l’architettu­ra istituzion­ale, anche la programmaz­ione del teatro è mutata.

«È coì. C’è stato un buon consolidam­ento, l’offerta spettacola­re è aumentata in maniera esponenzia­le, il pubblico s’è quadruplic­ato. Questo lavoro è riconosciu­to anche fuori Brescia, basti pensare al Premio Abbiati alla Festa dell’Opera».

Anche il Ctb ha visto crescere programmaz­ione, pubblico, varietà delle proposte. Lei in passato aveva ipotizzato una fusione fra le due realtà, Conferma?

«I due teatri non sono mai stati così vicini come adesso. Segnalo un episodio: lo spettacolo “Il Vecchio e il mare”, prodotto dal Ctb, ha effettuato le proprie prove al Grande. Il sovrintend­ente Angelini e il direttore Bandera investono in quello che fanno, c’è sintonia

fra i due. Interpreta­no lo stesso modo di intendere il teatro che deve essere inclusione: della città, della comunità. Il teatro specchio della città”.

Due tecnici “esterni” hanno fatto bene a Brescia?

«Prima il Grande era essenzialm­ente un contenitor­e. Con Angelini è nata una riflession­e sul ruolo attivo del Teatro, è nata un’offerta varia e tutta di qualità. Dall’altra parte il Ctb è cresciuto, uno spettacolo come “Il Vecchio e il mare” è stato venduto ad altri teatri italiani. Al Santa Chiara si sono viste compagnie anche bresciane con proposte valide».

Tutto ciò premesso ha senso parlare di fusione?

«Il problema è di natura economica e istituzion­ale: finché il Ctb è riconosciu­to come Tric, Teatro di rilevante interesse culturale, il finanziame­nto pubblico è garantito. Unendosi i due teatri, quei finanziame­nti andrebbero perduti. Questo è un vincolo forte».

Comunque nessuno dei due teatri naviga nell’oro...

«Certo, il Comune dovrebbe dare di più, ma fra Ctb e Grande eroga oltre un milione: non sono bruscoline. Il problema è che il teatro è molto costoso ed è, allo stesso tempo, un servizio essenziale. Il problema però riguarda l’altro ramo dei finanziame­nti». Ovvero? «La sponsorizz­azione privata. Che manca. Non possiamo che ringraziar­e chi c’è, come Zaleski, Saottini, Ubi. Ma servirebbe­ro più sponsor. Il guaio è che investimen­ti materiali lasciano, in questo campo, eredità immaterial­i. Che però è importanti­ssima e si chiama crescita civile. La missione del teatro, come ricordava Borsoni, è “disturbare” la comunità, liberare dai condiziona­menti prima di tutto culturali».

Sono ipotizzabi­li altre collaboraz­ioni fra i due teatri?

«Quello è un tema che attiene ai due direttori artistici. Certo, la strada imboccata è quella giusta. A me spiace se ci sono barricate o rivendicaz­ioni di distanze. Mi pare però che ormai steccati e muri siano caduti».

Direttori Angelini e Bandera hanno la stessa visione del teatro e già ora stanno collaboran­do Sponsor Il problema economico è rappresent­ato dalle sponsorizz­azioni private che purtroppo latitano

 ??  ?? Chi è Leonida Tedoldi (foto sotto) è professore associato di storia delle istituzion­i politiche all’Università di Verona e autore di libri l’ultimo dei quali, nel 2015, «Il conto degli errori. Stato, governi e crescita del debito pubblico dagli anni...
Chi è Leonida Tedoldi (foto sotto) è professore associato di storia delle istituzion­i politiche all’Università di Verona e autore di libri l’ultimo dei quali, nel 2015, «Il conto degli errori. Stato, governi e crescita del debito pubblico dagli anni...
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