I DIRITTI CONTRO DEL «CASO-ISEO»
La vicenda dell’ospedale di Iseo, dove da quindici anni non si può abortire, e la conseguente richiesta del Pd di un bando riservato a medici non obiettori, mette in campo tre diritti diversi. Il primo è quello delle pazienti che chiedono l’applicazione della legge 194 sulle interruzioni volontarie di gravidanza. Il secondo è quello di ginecologi e anestesisti, che rivendicano il diritto all’obiezione di coscienza: in Lombardia sono oltre il 70%. Il terzo è quello dei medici, che respingono un bando di concorso discriminatorio. Come conciliare questi tre diritti contrastanti fra loro? In realtà la questione è ancora più complessa, in quanto in campo entra anche un quarto diritto, quello alla vita. Infatti, accanto al diritto di autodeterminazione della donna, esiste un diritto forse ancora più vigoroso, anche se appartenente a un soggetto che non è in grado di esercitarlo, ed è il diritto di una vita che si è insediata a non venire spenta. Per il medico non-obiettore viene prima il diritto della donna, per l’obiettore viene prima il diritto del nascituro. La questione sembra dunque inestricabile. Lo Stato consente l’obiezione di coscienza, in quanto tutela il diritto del medico di essere, oltre che un operatore sanitario, anche un soggetto morale. Per parte loro i cittadini hanno ragione nel richiedere che venga applicata la legge 194, ma un concorso bandito con questo obiettivo e riservato a ginecologi abortisti costituirebbe una gravissima discriminazione verso chi abortista non è. Significherebbe che lo Stato prima riconosce al medico l’obiezione di coscienza, poi la nega, discriminando il medico che la esercita. Togliere il diritto all’obiezione vorrebbe dire di conseguenza togliere a un soggetto la possibilità di esercitare un diritto morale. Non è chi non veda come un provvedimento quale il concorso riservato, che sembrerebbero risolvere in modo molto empirico un problema tutt’altro che semplice, in realtà rischia di far perdere di vista che quella del medico non è una professione come un’altra. E in una società in cui è sempre più difficile ottenere un posto di lavoro, si rischia di incoraggiare nei giovani l’idea che le questioni morali siano solo ostacoli. Radicalizzare le posizioni non aiuta. Aiuta invece ricordare che, di là dalle estremizzazioni individualistiche, ogni nostro diritto deve fare i conti con i diritti degli altri, anche se ciò dovesse comportare di accollarsi qualche chilometro in più per raggiungere un ospedale in cui operino medici non obiettori. E forse il vero problema è anche una seria cultura della procreazione, che all’emergenza sostituisca la programmazione, conciliando i diritti della donna con quelli della vita.