Cagni in attesa, ma c’è aria d’addio «Mesi irripetibili»
Il tecnico ripercorre le tappe che hanno portato al lieto fine «Esperienza irripetibile», ma l’addio è in sospeso: «Cerco un progetto ambizioso»
Gigi Cagni non lascia. E non raddoppia. Aspetta. Dalla camera con vista mare della sua Zoagli, dove — dice — «sono l’uomo più felice del mondo», si sta godendo la salvezza del Brescia. Altrettanto suo, con un futuro però da scrivere e sul quale la parola addio non si può ancora vergare. Ma il saluto da eroe, dopo la conferenza stampa di ieri, svoltasi via web, resta la soluzione più probabile. Perché «un’esperienza così bella e intensa — racconta dalla Liguria — resta irripetibile, è stata una cosa speciale». E l’uomo del Carmine è alla ricerca «di un progetto che mi dia grande ambizione». Il Brescia attuale, se andrà avanti nel segno della continuità, con l’occhio prima al bilancio e poi alla rosa, può garantirglielo? Complicato, anche se il fuoco accesosi in Marco Bonometti è stato incendiato dal finale orgoglioso della squadra, con l’uomo del Carmine alla guida: «Una scelta difficile, più folle di quanto pensassi, ma ho scelto d’istinto perché volevo rimettermi in gioco. Nella mia città». Una scommessa stravinta, nonostante qualche ostacolo imprevisto: «Dopo il pareggio con il Latina ho avuto un piccolo momento di crisi, pensavo di aver liberato la squadra dalle sue paure. Ho ritrovato i miei nella settimana che ha portato alla sfida con il Trapani, con un Rigamonti esaurito non poteva che andare bene». E il nastro si riavvolge: «Ero certo di poter dimostrare qualcosa alla prima occasione — racconta — mi davano del vecchio, ma i giovani in panchina oggi pensano più al sistema di gioco. L’uomo invece va anteverrà posto a tutto. Caracciolo mi ha detto che con me si è divertito molto: ho ricordato che il calcio è un gioco, ci si può divertire in campo anche senza raccontare barzellette». I sassolini da togliere sono già finiti. Cagni è orgoglioso, non rancoroso.
La parola d’ordine ora è relax. E futuro, soprattutto. Il suo. Del Brescia. «Il domani — dice — dev’essere legato a persone che lavorano per il bene della società. E ci sono già. Io ho messo la mia esperienza al servizio della causa, ma Sagramola e Castagnini mi hanno dato forza con correttezza e onestà: nel calcio in pochi riescono a dimostrare le proprie capacità nonostante le restrizioni economiche, se il club riuscirà a costruire lo stadio nei prossimi anni il Brescia potrà tornare a essere una società importante».
Parla in terza persona e non più al plurale, quasi da tifoso e non più da tesserato. Crede poco a nuovi acquirenti, «chi ha voglia di comprare una società ci mette due giorni», sa invece bene quello di cui ha bisogno per continuare a sedersi su una panchina: «Cerco emozioni, devo valutare cosa mi proposto. In attesa? No, mi definisco un fatalista. Sono certo che rimarrà questo gruppo dirigente, il Brescia però ora non sa quale budget potrà mettere a disposizione. Bisogna aspettare». Il piano B è già pronto: «Se entro luglio non arriveranno offerte adatte, andrò in America».
Un altro sogno, lontano da casa. Dopo aver realizzato il più grande, tra la sua gente.
La società Io forte grazie a loro. Brescia può tornare grande con lo stadio Il sogno americano Penso di essere adatto a ogni squadra. Se entro luglio non avrò proposte, me ne andrò in America