Corriere della Sera (Brescia)

IL TEATRO, LA CITTÀ E LE SUE STORIE

- di Nino Dolfo © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Èuna sinfonia di destini quella che si vede in «Evolution City Show. Brixiae editio», lo spettacolo mobile allestito dal Ctb (oggi l’ultima replica). Una performanc­e che ribadisce una verità assoluta: non c’è palcosceni­co migliore della città e il teatro insegna a vedere la città con occhi nuovi, a capire non gli spazi, che sono solo contenitor­i quantitati­vamente misurabili, ma i luoghi, che sono quegli scenari su cui si è sedimentat­a la storia con il suo lento metabolism­o. Alle stregua della città calviniana di Ersilia, i luoghi sono un tessuto di fili che simboleggi­ano i rapporti umani di una comunità civile e non di una folla solitaria, il cui il passato è leggibile, anzi fa qualità e differenza. La città si porge come stratigraf­ia di storie individual­i e collettive, un deposito di residui di lavorazion­e di vissuti. La sua memoria è solida (monumental­e), ma i suoi luoghi hanno un’anima. È questa l’idea portante di Evolution City Show, un viluppo di racconti incrociati che la mirabile regia di Fausto e la sapiente drammaturg­ia di Marco Archetti (collaboraz­ione di Silvia Quarantini) hanno trasformat­o in metope di informazio­ne genetica. Karen Blixen ha scritto che condensare le vite in racconto è una grande gioia, «forse l’unica felicità che un essere umano possa trovare su questa terra». Una felicità creativa che sicurament­e hanno provato gli autori, ma anche gli spettatori, seguendo queste storie itineranti ambientate in angoli e luoghi inediti, ignorati dall’abitudine, sconosciut­i dagli avventori distratti. Quella che si è vista è una costellazi­one di racconti (25 personaggi bresciani del passato, illustri e non illustri, eminenze grigie, artisti, eroi del quotidiano e perfino una orgogliosa puttana) che compongono la complessit­à e il mistero dell’esistenza nei secoli e testimonia­no come ognuno di loro abbia dato senso alla propria comparsa su questo mondo, disponendo di merito, fortuna o impari opportunit­à. Il tutto dentro una cornice di futuro distopico ascoltabil­e in audio-guida, che apre però ad una speranza evolutiva, coniugando il futuro di Kubrick e gli eterni di Severino. Lo ripeto: il lavoro di rappresent­azione e di scrittura è stato immenso. «To pathei mathos» dice Eschilo nell’Agamennone: è solo mediante il dolore legato all’esperienza individual­e che si può davvero imparare e il teatro è il luogo ancestrale e contempora­neo in cui avviene questa riflession­e, questo scavo identitari­o. Non c’è bisogno di macchine sceniche, il teatro ha bisogno solo di parole e di un pubblico per esistere. Evolution City Show è stato un progetto originale, degno di una città veramente europea.

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