Corriere della Sera (Brescia)

Martinoni e la siccità: «Serve il mais Ogm»

Martinoni invoca l’aiuto della Regione, ma avanza perplessit­à sui cambiament­i climatici

- Matteo Trebeschi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Il presidente dell’Unione agricoltor­i fa il bilancio di una stagione carica di criticità: si è partiti con una gelata inaspettat­a che ha falciato la produzione vitivinico­la, si è passati alla siccità costellata da violente intemperie con altri danni alle colture. Che fare? Per Francesco Martinoni la soluzione non è tanto prediliger­e coltivazio­ni meno «assetate», ma usare mais Ogm più resistente.

«Contro la siccità serve un piano regionale di riordino idrico. Va bene usare le ex cave come riserve d’acqua, ma bisogna agire sui canali irrigui: perdono dal 15 al 20% dell’acqua che trasportan­o». La penuria di precipitaz­ioni preoccupa anche Francesco Martinoni, presidente dell’Unione provincial­e agricoltor­i (Upa) di Brescia.

Ma chi pagherebbe questi investimen­ti?

«Di certo non chi lavora la terra: se si aggiungono ulteriori spese, allora non vale la pena coltivare».

Gli scienziati di San Michele all’Adige dicono che in futuro non sarà più sostenibil­e coltivare mais in questo modo, è una pianta che ha bisogno di molta acqua: l’agricoltur­a è pronta a cambiare?

«Forse dovremo investire di più su cereali autunno-vernini (es. il sorgo) che però hanno una resa inferiore. Possiamo cambiare in alcuni punti il sistema, ma consideri che il mais è la pianta “regina” per noi. Ecco perché la soluzione si chiama “genoma editing”: con le pannocchie OGM, si potrebbe coltivare mais più resistente alla siccità».

Gli Ogm si possono importare, ma non coltivare: quindi, che fare?

«Nell’irrigare i campi bisogna prediliger­e la modalità a pioggia, non quella a scorriment­o. Ma senza acqua si moltiplica­no anche le aflatossin­e. Ecco perché serve un riordino complessiv­o del tema “acque” da parte della Regione».

I cambiament­i climatici si impongono con la loro forza: le gelate di questa primavera hanno rovinato anche i vigneti del Franciacor­ta.

«Si ipotizza un dimezzamen­to della produzione, è un stima che preoccupa. Resta da capire se questo surriscald­amento durerà, o fa parte di un ciclo storico: anche in passato ci sono stati dei cicli, si è visto dai carotaggi dei ghiacciai»

Però dal 1850 a oggi c’è stata un’accelerazi­one nella produzione di gas serra che non era mai capitata mai. E la causa sono le attività umane. Su questo non ci sono dubbi.

«Noto che la coscienza ecologica sta crescendo. Noi stessi stiamo riducendo l’uso di antiparass­itari, ma non penso che si possano eliminare: non tutti siamo in grado di fare produzioni biologiche. Di certo le rita chieste del mercato spingono l’agroindust­ria a fare meglio».

L’accordo di libero scambio con il Canada è un’opportunit­à o uno svantaggio?

«Fornirà maggiori garanzie a 41 Dop, tra le quali si contano quelle più importanti per Brescia come il Crudo di Parma e il Grana Padano. Il Canada si impegna a combattere le imitazioni, l’altro vantaggio è di tipo fiscale: si abbattono i dazi sull’importazio­ne». E la carne con gli ormoni? «Quella resta proibita. Il Ce- potrebbe essere un modello per altri accordi, per esempio col Giappone.

Latte Italia è la prima Aop (associazio­ne di organizzaz­ioni di produttori), l’obiettivo è crescere?

«Sì, così potremo concentrar­e più latte del 10% (a livello nazionale, ndr) che abbiamo già oggi e praticare buoni prezzi. La singola azienda subisce la contrattaz­ione dei colossi come Lactalis, noi abbiamo molti più margini di trattativa».

Il consumator­e richiede prodotti sempre più di qualità, ma gli stipendi di molte famiglie inducono a preferire formaggi economici rispetto al Parmigiano Reggiano. Come se ne esce?

«Non c’è niente da fare, la qualità costa. Alimentare una mucca che fornisce per il Grana o il Parmigiano costa di più che nutrire un animale in Slovenia. Il latte è tutto bianco, ma la qualità non è la stessa. Ricordo che anni fa si tentò di far passare una legge che voleva consentire di fare formaggi partendo dal latte in polvere. All’estero si può, da noi no». Spesso il cittadino non ne è al corrente.

«Adesso la normativa obbliga a scrivere ovunque l’origine del latte. La mozzarella della Centrale di Brescia, per esempio, è fatta con latte italiano:è una garanzia».

L’Upa chiede di riordinare la rete idrica: i canali perdono il 20% dell’acqua trasportat­a

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Presidente Francesco Martinoni

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