La comicità surreale di Gene Gnocchi
Stasera sarà Camignonissima con la sua irriverenza
Di tutti i comici televisivi, Gene Gnocchi è quello più intellettuale e surreale. Non fa imitazioni, non ricorre alle miserie autobiografiche dell’italiano medio per far sorridere la plebe né attraversa mai il terreno scivoloso della volgarità, piuttosto sfoggia un tipo di umorismo ghiacciato e tagliente che tocca i nervi, a riprova che le sue stoccate arrivano a segno. Colto, informato, cultore di adorabili nonsense, rivela una intelligenza raffinata senza mai voler essere piacioso per forza. Tra i suoi ammiratori annoverava non a caso uno dei più grandi giornalisti italiani, purtroppo precocemente scomparso, Edmondo Berselli, che ha scritto: «Quando è al meglio, dietro quel volto serissimo, Gene incenerisce velleità politiche e demenze letterarie, trombonismi culturali e loffiaggini pubbliche». Proprio così, Gnocchi è uno di quelli che dà l’impressione di essere insofferente alle casacche e ai bavagli. Il conduttore di Fidenza è l’ospite di Camignonissima, dove porterà un suo recital.
È possibile avere qualche anticipazione sui temi della serata? Ha delle idee o procede improvvisando?
«Il copione ce l’ho già scritto, ma poi dipende dal pubblico, da come risponde alle provocazioni. Ogni serata è una storia a sé. Posso dire che parleremo del governo, di Renzi, perché oggi non si può non parlare di politica, ma anche di calcio».
Il mercato dei comici televisivi in televisione sembra bloccato. Si ha come l’impressione che ci sia un sistema di sante alleanze trasversali, di lobby, di gruppi di potere. Chi non si adegua, rischia di stare ai margini. È vero?
«Quel che è certo che ci sono 2 o 3 agenti che controllano tutto. Ma io sono uno di quelli che non si lagnano. Cerco di ritagliarmi degli spazi e di sfruttarli al meglio. Sicuramente l’ambiente è permalosetto, ma proprio per questo c’è più gusto a dire la battuta cattivella, proprio perché vedi che non la digeriscono. E quel piacere è impagabile. Io in televisione non faccio più molto. Lavoro e continuerò a lavorare anche il prossimo anno con Paolo Del Debbio e con Piero Chiambretti, perché sono amici e mi chiamano».
Lei è poi un comico che scrive libri ambiziosi, romanzi e poesie , non instant book come alcuni suoi colleghi. E’ vero che uno dei suoi libri preferiti è Casa d’altri di Silvio D’Arzo, libro per palati fini?
«Io ho sempre scritto, non solamente i miei testi. La scrittura mi conforta ed è momento di creatività assoluta. Silvio D’Arzo è un grande autore ancora semisconosciuto. Solo leggendolo, si può capire la sua unicità».
Il calcio è specchio scuro dei tempi, ormai preda facile di finanzieri e venalità.
«Concordo pienamente. Il dio denaro ha commesso un genocidio, ha sterminato i poeti del pallone. Non ci sono più i Rivera e i Mazzola, ma anche i Savicevic, i Gascoigne, i Best. Perfino i Cassano, che fa sì le cassanate, ma sfodera una giocata di genio. Nessuno coltiva più una sana maledizione. Sono tutto robottini».
Inizio alle ore 21.30, palco in via Matteotti.