Grosso d’oro a Monari Il grazie di una città «all’uomo del dialogo»
Il sindaco: «Maestro di pazienza e coraggio»
Brescia saluta il suo vescovo Luciano Monari con una cerimonia sobria in Vanvitelliano. Salone gremito per la consegna del «grosso d’oro» a colui che ha guidato la Chiesa Bresciana negli ultimi dieci anni e che domenica prenderà commiato dalla diocesi in cattedrale. Monari ha spronato tutti alla «responsabilità» di costruire una società più umana.
L’omaggio della città al vescovo che se ne va. L’appello del vescovo che se ne va ai fedeli e ai cittadini.
Il sindaco che rende omaggio a monsignor Luciano Monari «mite e sapiente», maestro di «pazienza e di coraggio». E lui, il vescovo emiliano nato a Sassuolo oltre 75 anni fa che si accomiata dalla città spronando tutti — credenti per primi — alla «responsabilità» di costruire una società più umana.
Cerimonia sobria, impreziosita dalle note di Niccolò Paganini eseguite da due alunni del Conservatorio — Filippo Passarella e Emma Baiguera — ieri in Vanvitelliano. Salone gremito per la cerimonia di consegna del «grosso d’oro» (una moneta oggi celebrativa, che ebbe corso nel libero Comune di Brescia dal 1250 al 1332) a colui che ha guidato la Chiesa Bresciana negli ultimi dieci anni e che domenica prenderà commiato dalla diocesi con una cerimonia in cattedrale.
Monari ha accolto il grosso d’oro «come un dono che stabilisce legami, sollecita una corrispondenza»: «È come se Brescia — ha aggiunto — mi dicesse che sono bresciano. Nel riceverlo ricordo i tanti volti che ho visto, le tante mani che ho stretto, i tanti incontri che ho fatto». Ma come la mettiamo — s’è chiesto il biblista Monari — con i testi che invitano il credente a sentirsi «pellegrino in terra straniera»? Ancora una volta è la Bibbia a soccorrerci, con il testo di Geremia e l’invito al popolo ebreo, deportato a Babilonia, a inserirsi nella nuova terra e a renderla feconda.
«Essere, sentirsi esuli spiritualmente vuol dire anche essere leali verso la terra in cui ci è dato vivere, volere il bene di quella terra».
Sgorga da lì il tema della «responsabilità» su cui Monari ha incardinato un decennio di magistero episcopale. «Dio ci chiede di fare tutto con libertà, senza attaccarci a un potere o a un altro. Questo significa essere al tempo stesso responsabili e liberi interiormente. La costruzione di una società più umana richiede persone umanamente mature e eticamente giuste».
Lì si innesta un appello speciale rivolto da Monari ai credenti: «Essere stimolo alle persone a diventare responsabili di sé e del mondo». In questo senso il premio del grosso d’oro «vale per tutta la diocesi, come stimolo alla comunità perché viva e interpreti questo messaggio».
Come sempre in Monari non c’è irenismo o facile ottimismo: «Siamo deboli di carattere — dice — ma c’è il desiderio di vivere in pieno l’avventura della vita nella responsabilità verso tutti. Un compito che mi sento di assumere a nome di tutta la Chiesa bresciana».
Se la riflessione di Monari è stata tutta incentrata sul compito civile dei credenti, il sindaco Emilio Del Bono nel suo discorso ha tracciato un vero e proprio bilancio laico dell’episcopato di monsignor Luciano Monari, della lezione che affida alla società bresciana. Una lezione che parte dai rovelli umani del nostro tempo («impazienza, paura, vertigine») per tracciare la via di una «risposta costruttiva alle sfide del mondo». Un mondo che — ha scritto e insistito Monari nel decennio — «va reso più intelligente, più critico, più responsabile, più buono».
La lezione di Monari è stata tanto più alta perché egli — sottolinea Del Bono — è stato al tempo stesso «pastore della Chiesa, guida civile, interlocutore della nostra città». L’ha fatto «richiamandoci a essere protagonisti, a non lamentarci come tanti sterili critici del presente, invitando tutti a essere responsabili delle nostre vite e dell’intera città».
Per farlo serve una sovrabbondanza di virtù: «Monari ci ha spronato a essere pazienti e a essere coraggiosi» lungo la strada che porta «una umanizzazione della vita, delle persone, della società». In questo il senso il sindaco riconosce al vescovo che se ne va un contributo essenziale «a costruire un dialogo più sereno fra i cittadini e le istituzioni, e fra le diverse confessioni religiose». È anche grazie a Monari — insiste il sindaco — che «Brescia è stata riconosciuta, anche dal ministero dell’Interno, laboratorio di convivenza. È anche grazie a lui che è stata elevata la sicurezza nella nostra città: la sicurezza che nasce dal dialogo e non dal conflitto». L’ultimo grazie è stato pronunciato da Del Bono con accenti umanamente coinvolgenti: un grazie al vescovo Luciano «uomo mite e uomo sapiente. Cioè che ha qualcosa da dire e sa trasmetterlo. E l’ha trasmesso in tutti questi anni a noi, bresciani in cammino».
Del Bono: grazie a lui c’è più sicurezza, la sicurezza che nasce dal dialogo