Coccaglio, atmosfera nipponica: l’arte importata da Mazzocchi nella mostra di due fondazioni
Prima che le lacche giapponesi, le vestaglie di seta e i tavolini di madreperla entrassero nei salotti di magre e nervose signore parigine e ipnotizzassero Toulouse Lautrec, l’allevatore di bachi era già stato sedotto dall’onda perfetta di Hokusai, e aveva accumulato reliquie sulle vie della seta: stampe, armature, avori, quaderni e altri feticci giapponesi dell’imprenditore e collezionista bulimico Pompeo Mazzocchi (1829-1915) hanno trovato un museo.
Le foto in bianco e nero dei viaggi in Giappone, l’ossessione blu di Hokusai, i porta tabacchi, le armature, i diari imbevuti di inchiostro, gli avori e i set da pin nic saranno esposti nelle sale della fondazione Monauni, a Coccaglio: il museo apre il 30 settembre (la vernice alle 17.30 e una messa solenne poco prima, alle 16). «Ho disseminato alcuni tra i 500 pezzi della collezione in quattro sezioni» dice Paolo Linetti, il direttore (don Giuseppe Fusari è stato nominato conservatore). Il viaggio in Oriente inizia con il ritratto su seta di una signora bionda in kimono, la moglie di Mazzocchi, si perde tra reliquie nipponiche e finisce infrangendosi nell’onda perfetta di Hokusai: la prima sala, con il bookshop, è sulla vita del collezionista e imprenditore visionario. Ci sono cartoncini con le uova dei bachi da seta, le sue attrezzature, il passaporto, le foto di alcuni dei suoi quindici viaggi n Giappone, da cui tornava sempre con qualche souvenir prezioso. «Aveva un gusto non banale, molto raffinato, inedito per l’epoca» dice Linetti. Nella seconda, si respira l’atmosfera d’Oriente: «Ricostruiamo la situazione storica giapponese». Armi tirate a lucido, ricordi di samurai, ritratti della borghesia, paesaggi. Con la terza sala, si entra nelle case nipponiche: ci sono le toilette delle signore, gli orecchini, i braccialetti e gli specchi, la riproduzione di un interno nipponico, i porta tabacchi, i set di calligrafia, i piattini, i piccoli avori. Infine, il mondo fluttuante, l’ukiyo-e, come veniva chiamata l’umanità edonista che a Edo, l’attuale Tokyo, sperperava ricchezze nei quartieri del piacere, si appassionava alle opere del teatro Kabuki e alle cortigiane con gli occhi bistrati di nero: l’ultima sezione è tutta per Hokusai, il signore della natura e degli scandali alla perenne ricerca dell’armonia. Mazzocchi trovò alcuni dei suoi quaderni: pezzi che si davano per dispersi, e che ora saranno in mostra con altre stampe a rotazione.
Dall’Oriente a Brescia, andata e ritorno: oltre ai laboratori per bambini sul Giappone e sul baco da seta, nel programma ci saranno contaminazioni con il Museo Diocesano, che ha curato il progetto a Coccaglio con la fondazione Mazzocchi, finora senza uno spazio espositivo. «Vorremmo tessere una piccola rete anche con altre realtà in Provincia: un modo per scambiare opere ed esperienze» dice Alberto Facchetti, il presidente della fondazione. (a.tr.)