Siluro Cellino sulla Serie B
Il patron del Brescia: «Il commissario è un passo in avanti» Stadio, resta il gelo con la Loggia
Sembra paradossale dirlo dopo l’ennesima, stavolta inappellabile, fumata nera. La Lega di Serie B da ieri è commissariata eppure — questa è la novità eclatante — ora ha trovato il suo frontman, termine gradito al diretto interessato, appassionato di musica rock. È Massimo Cellino, che ieri in via Rosellini c’era ma ha deciso di non partecipare all’assemblea elettiva (così come il Bari) abbassando a dodici il numero delle squadre pronte al voto. Il numero legale era fissato a 15, non sarebbe stato comunque raggiunto, ma il niet del patron del Brescia è stato un segnale chiaro, rafforzato dalle parole espresse a fine assemblea. «Pensate — ha detto — che il commissariamento sia un passo indietro, invece è un passo avanti. Almeno ci siamo resi conto che dobbiamo trovare una unione di intenti. Il commissario (sarà l’avvocato Mauro Balata, ndr) non è un male, può essere un’aspirina. Fermo restando che non gli sarà permesso di snaturare e portare in Lega politiche non attinenti al calcio». Pensiero sottinteso, espresso peraltro 15 giorni fa nell’assemblea precedente: «Adesso sono tornato e ci penso io». Ha aggiunto: «La Lega ha capito che deve reagire. Tempistiche? Penso che prima di Natale – ha aggiunto si possa fare tutto e anche bene. Eleggere un presidente non sarebbe stato un passo avanti, bensì un compromesso». È passata la sua linea, condivisa anche dall’amico Zamparini e da altri presidenti influenti che mirano a creare una Serie B più forte. Cellino, dopo aver giocato in surplace nelle prime settimane, è passato all’attacco. Totale. La battaglia in Lega, che ricorda le barricate già erette a suo tempo con l’amico Gino Corioni per difendere le «piccole», arriva dopo la rivoluzione subita dalla rosa negli ultimi giorni di mercato (gradita: gli abbonamenti sono saliti a 2.828) e la sterzata nella gestione degli allenamenti. Solo il San Filippo, oggi, può ospitare le rondinelle? Bene, allora lo si chiuda. L’unico binario fermo resta lo stadio. La questione Rigamonti non è in cima all’agenda. Il nuovo proprietario, anche ieri, ha fatto capire in modo chiaro la sua idiosincrasia verso la politica: «In questi quattro anni la sua ingerenza nella Lega è vergognosa. Questo commissariamento è un atto di violenza, deformante. In Italia abbiamo avuto successo nel calcio quando abbiamo lasciato la politica fuori dal pallone». Il sindaco Del Bono, per il quale la questione resta invece centrale, aspetta un cenno da Cellino. Lo ha fatto intendere, la chiamata deve partire dal nuovo invitato al tavolo. Per ora non c’è stata e la freddezza permane. Ma iniziò così anche il rapporto tra il nuovo proprietario e Marco Bonometti, fin quando Ubi Banca decise che fosse da organizzare «la cena per farli conoscere», come nel film di Pupi Avati. L’epilogo è noto. Ora serve un secondo incontro con il sindaco. Potrebbe bastare anche un pranzo.