Banca romana: politica finanza e informazione nella madre di tutti i crac
Le radici dello Stato unitario affondano nella commistione tra affarismo politico e affarismo bancario-finanziario. La liquidazione della Banca romana con il relativo processo a Bernardo Tanlongo non fu l’unico episodio di corruzione e, forse, neppure il più grave, ma certamente al centro di un’attenzione «mediatica» ante-litteram, con le dovute proporzioni. Il coinvolgimento di stampa, finanza e politica rendono profetiche le parole di Francesco De Sanctis scritte nel 1877: «Nei consigli comunali, provinciali e parlamentari si formano associazioni di cointeressati i quali, pur nascondendosi sotto qualsiasi maschera, sono vera associazioni a delinquere, o se preferite, dei “mangia con tutti”. Costoro guardano con un certo sorriso caratteristico quelli che ne sono scandalizzati, come volessero dire: poveri di spirito, non conoscono il mondo». L’affarismo finanziario attinse alle necessità del nuovo stato e le banche furono lo strumento fondamentale per sostenere le deboli strutture economiche. Destra e Sinistra fecero la loro parte, ma la crisi bancaria dei primi anni ’90 fu una questione interna alla Sinistra. L’indignazione fu di enormi dimensioni non solo per le cifre in gioco e i politici coinvolti — Crispi, Giolitti, Di Rudinì, Luzzatti e molti altri — quanto per le responsabilità morali di tutte le istituzioni coinvolte. Né mancò l’omicidio eccellente del direttore del Banco di Sicilia Notarbartolo, straordinariamente analizzato ne «Il Cigno» di Sebastiano Vassalli. Pirandello, che vide coinvolto il parente Rocco De Zerbi, sbottò in un interrogativo senza risposta: «Non poteva l’Italia farsi in altro modo?». Le carte processuali propongono una diversa narrazione. Non solo Tanlongo, prima dello scandalo, fu oggetto di numerose lettere gratificatorie anche da parte di eminenti economisti come Francesco Ferrara, ma, soprattutto emerge con grande chiarezza dalla documentazione il ruolo della Banca nazionale nel Regno d’Italia che, appena divenuta Banca d’Italia, dovette risarcire gli azionisti della Banca Romana difesi da Ernesto Pacelli che, avvalendosi della consulenza di Giuseppe Zanardelli, si aprì la strada a posizioni prestigiose. Di questo si parlerà nella conferenza in Ateneo (via Tosio 12) alle 17.30 domani, venerdì.