Corriere della Sera (Brescia)

LA VIOLENZA OLTRE I SILENZI

- Di Luisa Monini © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Non è il caso di attendere Il 25 novembre, Giornata mondiale per l’eliminazio­ne della violenza contro le donne, per parlare di una delle più diffuse violazioni dei diritti umani che colpisce donne di ogni età, etnia, cultura e ceto sociale. Vale la pena ricordare che la violenza contro le donne rappresent­a, secondo l’ OMS, una emergenza sanitaria mondiale ed è la prima causa di morte e di invalidità permanente tra le donne di età compresa tra i 16 e i 44 anni. Il 35% delle donne e le ragazze nel mondo (quindi una su tre) è vittima di violenza fisica e/o sessuale da parte del partner o di sconosciut­i. In tutto il mondo le bambine, a qualsiasi ceto sociale esse appartenga­no, sono spesso vittime di abusi di vario genere, di atti di violenza inaudita inferti loro proprio da chi dovrebbe tutelarne istruzione, salute e futuro. Il vero e grande problema della violenza è di fatto legato a doppio filo alle complesse dinamiche familiari che si consumano tra le mura domestiche e che vedono nel ruolo del carnefice il marito, fidanzato, padre, convivente, ex coniuge, comunque persona spesso amata da lei che incarna il ruolo della vittima. Nel nostro Paese, negli ultimi anni, le violenze sessuali denunciate sono aumentate perché finalmente le donne escono allo scoperto e segnalano i loro persecutor­i. Nel periodo compreso tra gennaio e luglio 2017 le violenze denunciate sono state 2333, contro le 2345 nello stesso periodo dell’anno scorso. Dati recenti forniti dal Ministero dell’Interno evidenzian­o che sono in aumento le violenze sessuali commesse dagli italiani (1534 nei primi sette mesi di quest’anno contro i 1474 dello stesso periodo del 2016), mentre diminuisco­no di poco quelle che vedono gli stranieri responsabi­li dei 3/5 degli stupri ( 904 da gennaio a luglio di quest’anno contro le 909 dello stesso periodo dell’anno scorso). Dati questi che aiutano a fare chiarezza sopratutto sulle dinamiche che causano gli atti di violenza, spesso frutto di una lucida e perversa strategia che mira a stabilire domini e disuguagli­anze. Per spingere le vittime a raccontare gli orrori subiti occorre che tutta la società civile si impegni in un progetto culturale di cambiament­o e di accoglienz­a. Troppo facile voltare la faccia e far finta di non sentire né vedere. È così che il silenzio delle vittime diventa silenzio della società. Ma quando le vittime incontrano qualcuno disposto ad ascoltare: parlano. Quando incontrano chi sa vedere: mostrano. Quando incontrano chi sa dare il giusto nome alle ferite loro inferte: riferiscon­o, anche ciò che avevano rimosso e sepolto. Se partiamo da questi presuppost­i allora si potranno finalmente trovare nuove e definitive soluzioni ai problemi legati alla violenza.

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