Delitto di Erbusco Il ruolo di Giulia
Chi uccise quell’uomo nelle campagne di Erbusco il 12 aprile 2016, stava seduto al suo fianco. È ciò che è uscito alla prima udienza del processo a Giulia Taesi, che stava proprio accanto all’uomo.
«Chi lo ha colpito era seduto al suo fianco». Non ha dubbi il luogotenente Giampaolo Lonardi della Sezione Investigazioni Scientifiche dei Carabinieri di Brescia nel ricostruire le fasi brutali dell’omicidio del 39enne Riahd Belkahla, ucciso il 12 aprile dello scorso anno nelle campagne di Zocco di Erbusco. La mano che lo ha colpito 81 volte, secondo l’accusa, è quella di Giulia Taesi, 22 anni, ieri al banco degli imputati. Quella sera con lei c’era il fidanzato 29enne, Manuel Rossi (già condannato in abbreviato a 17 anni per l’omicidio( che si è sempre addossato ogni responsabilità, dicendo di aver difeso la ragazza, poi fuggita dall’auto, strappando a Belkahla il coltello con il quale l’aveva minacciata). Ma ieri il castello accusatorio ha trovato conforto nella ricostruzione dei fatti del 12 aprile — originati da un debito per droga che i due ragazzi avevano con la vittima (1000 euro per una parita di cocaina) — compiuta dalla Scientifica. Le dichiarazioni di Giulia e Manuel fanno da premessa fondamentale per delineare la dinamica del «massacro», come lo ha definito la presidente della Corte, Anna Di Martino, avvenuto all’interno della Mercedes della vittima. Lei seduta davanti, sedile passeggero, lui dietro . Belkahla alla guida.
«La lama è penetrata in orizzontale o lievemente obliqua. I colpi sono stati inferti da chi era alla sua destra. C’era sangue sul parabrezza, sul cruscotto, sullo specchietto retrovisore». I rilievi, eseguiti poche ore dopo l’omicidio, hanno evidenziato che il sedile passeggero anteriore era intonso, così come l’interno della portiera dello stesso lato. «Lì c’era qualcuno, mentre venivano sferrate le coltellate». Pulito anche il sedile dietro. «Chi era dietro, per colpire, avrebbe dovuto avere un braccio lungo un metro e mezzo. Il tettuccio dell’auto e il sedile stesso avrebbero impedito ogni movimento. Avrebbe potuto ferire più agevolmente puntando al collo. È presumibile, invece, che abbia tenuta bloccata la vittima». Le ferite riscontrate sulla mano e l’avambraccio destro testimoniano che Belkahla ha provato a fermare la lama con la quale è stato colpito decine di volte al torace, all’addome e soprattutto alla gamba destra nella zona femorale. «Il dissanguamento lo ha ucciso in pochi minuti, anche soccorsi tempestivi non avrebbero potuto salvarlo», ha dichiarato Andrea Verzeletti, direttore dell’Istituto di medicina Legale di Brescia che ha eseguito l’autopsia. Tredici le coltellate inferte sulla coscia, tre passate da parte a parte. Colpi affondati con così tanta violenza da arrivare a tagliare anche il sedile. Resta da chiarire la premeditazione dell’omicidio (di cui è convinto il pm Ambrogio Cassiani) e stabilire di chi fosse il coltello (poi trovato a casa di Rossi). Per questo ieri la difesa di Giulia Taesi ha chiesto e ottenuto la celebrazione con rito abbreviato, condizionato alla trascrizione di un’intercettazione ambientale nella quale una cliente di Belkahla descriveva il 48enne preoccupato per altre vicende di droga per le quali aveva deciso, forse, di girare armato.
Udienza aggiornata al 24 ottobre. Giulia,in lacrime, dopo tre ore passate immobile al banco degli imputati, si guarda dietro. Cerca occhi amici, quasi a cercare conforto. Trova quelli di mamma e papà che, pur a distanza, continuano a starle vicini.