Cellino detta la linea: «Un centro sportivo serve più dello stadio»
LA PARTITA RIGAMONTI LA SVOLTA DEL NUOVO PRESIDENTE È gelo col Comune: «Strutture imbarazzanti»
Lo stadio? Una priorità di altri, non di Massimo Cellino. Se non lo si fosse ancora capito, ieri è stato chiaro: «Non posso promettere investimenti faraonici, la priorità sono le tasse e i debiti da pagare oltre ai successi sportivi». Chiarissimo, anzi. Il centro sportivo di proprietà? Un’idea tratteggiata in passato, mai messa in pratica perché per lasciare il San Filippo — ai tempi di Baggio, va ricordato, il quartier generale era a Erbusco o a Ospitaletto; le rondinelle di Lucescu si allenavano a Campo Marte — serve un progetto da realizzare ex novo. E chi meglio di lui, homo novus per eccellenza, arrivato in città da meno di un mese? Il suo progetto sportivo-immobiliare partirà proprio da qui. «Perché io non posso dirvi bugie — ha raccontato ieri il presidente in pectore nel tradizionale rendez vous settembrino nella sede di Ubi Banca — e devo prendere impegni solo a patto di poterli onorare. La costruzione di un centro sportivo moderno da mettere al servizio della squadra è un mio dovere, può permettermi di fare calcio in un certo modo e garantirmi degli utili; lo stadio invece è un’opera pubblica e io non me ne faccio carico».
La stoccata al Comune
Punto. Forse definitivo. Con buona pace dell’amministrazione comunale, sempre disponibile a sedersi al tavolo con il nuovo proprietario («Se ci sarà da dare una mano e discutere, non mi tirerò comunque indietro», questa l’unica apertura di ieri, la stessa di un mesetto fa). ma cosciente di dover scalare il Gavia aver intravisto, con la precedente gestione, lo striscione dell’ultimo chilometro. «Chi vedeva nel Rigamonti il business per il rilancio della società, è stato accolto in Comune ma non da Ubi. Dovessi fare un giorno un mio stadio di proprietà, allora anche il sindaco dovrebbe pagare il biglietto», ha detto a mo’ di battuta Cellino. Del Bono, ieri, gli ha risposto muovendosi sullo stesso pentagramma: «Il biglietto in tribuna l’ho sempre pagato».
Uno a uno, ma la verità è che la partita Rigamonti non è nemmeno iniziata. Non si è neanche sullo zero a zero, i contatti tra le parti in causa ancora devono iniziare, mentre la presa di contatto quotidiana con il San Filippo (off limits anche ieri durante gli allenamenti, cui ha assistito il patron) ha convinto l’imprenditore cagliaritano a dirigersi verso un investimento ritenuto basilare per la costruzione del nuovo Brescia.
Il modello Assemini
«A Cagliari ho impiegato sei mesi per costruire con le mie forze i primi campi ad Asseminello (il centro sportivo dedicato al padre Ercole: dotato di cinque campi da calcio, tra erba e sintetico, era provvisto anche di sala stampa, un hotel, un ristorante e un centro benessere, ndr) e qui intendo fare altrettanto. Prenderò un terreno e poi costruirò il resto. Questa squadra non la sento ancora mia, è composta da tanti giovani con un grande futuro davanti e io ho aggiunto qualche elemento di esperienza. Quest’anno dovremo mantenere la categoria per poi puntare alla Serie A. Ma una cosa è certa: il livello della rosa è già superiore a quello delle strutture che ho trovato. Sono imbarazzanti. Per questo Brescia ora non costituisce un asset patrimoniale».
Il feeling con Ubi Banca
Una stoccata pesante alla città e ai suoi amministratori, dopo le carezze a Ubi: «Non sono complimenti di facciata, indossare la parte del commerciale non mi è mai piaciuto. La verità è una: senza di loro non saremmo qui a parlare di futuro, la società sarebbe stata spazzata via. Sono più di uno sponsor, siamo felici che siano con noi vogliamo che siano orgogliosi dell’investimento. Ma io, a differenza di chi mi ha preceduto, spero di non chiedere nulla alla banca». Insieme dal 1991, quando sulla V bianca comparve per la prima volta Cab (Credito Agrario Bresciano), «Ubi — queste le parole di Stefano Vittorio Kuhn, direttore della Macro Area Territoriale Brescia e Nord Est, l’incontro è stato organizzato nella sede in Corso Martiri della Libertà — farà solo la banca dopo aver posto, nel momento più difficile, le basi e le premesse per far sì che oggi la società fosse più solida».
Uomo solo al comando
Le gerarchie ora sono chiare. A ognuno il suo ruolo. Cellino ha ritrovato vecchi amici a Brescia (la famiglia Ghirardi) e ne ha incontrati nuovi, ma ha iniziato a fare a modo suo. E’ un uomo solo al comando, inizia a piacere alla città anche per questo. Lo testimonia il dato degli abbonamenti, rimasto «sopra media» (oltre 1000) anche ieri: le tessere stagionali vendute ammontano ora a 3834. In quattro giorni.