Corriere della Sera (Brescia)

Crescono i progetti Aab, c’è pure il fumetto

Presentato il programma. Dedicata alla studiosa Elvira Cassa Salvi una mostra

- di Fausto Lorenzi

Mostre sulla signora dell’arte Elvira Cassa Salvi e sulla collezione dell’Ateneo, lezionicon­certo e conferenze, suggestion­i imbevute di tempera e lezioni di pittura: il programma 2017-2018 dell’Aab, in vicolo delle Stelle, contamina l’arte con il racconto, la musica e la storia, e contagia l’associazio­ne Artisti bresciani con nuovi spunti. Ai corsi (scultura, ornato, figura, storia dell’arte e acquerello) si aggiungono due nuove materie: «Storia del linguaggio fumettisti­co».

Critica d’arte del Giornale di Brescia dal 1957 al 1988, Elvira Cassa Salvi — che viene dalla critica letteraria, da francesist­a — per il primo ventennio almeno è stata «domina» assoluta della critica d’arte in questa provincia, determinan­te nell’orientare e condiziona­re opinione pubblica e gusto: il quotidiano aveva il monopolio dell’informazio­ne e mantenne una forte egemonia anche dopo la nascita nel 1974 di Bresciaogg­i, che nell’arte sperimentò una polifonia di voci difformi.

Elvira, prossima al secolo di vita, appartiene a una famiglia interprete del cattolices­imo politico e sociale (il fratello Franco Salvi, partigiano, fu capo della segreteria politica di Aldo Moro), ma come lo scomparso marito filosofo Mario Cassa si avvicinò a istanze d’umanesimo marxista; suoi amici e riferiment­o a livello nazionale sono stati storici del ‘900 schierati con la sinistra come Mario De Micheli, Duilio Morosini, Dario Micacchi, Gianfranco Bruno.

L’Aab, con la mostra che apre sabato alle ore 18, «La stagione di Elvira Cassa Salvi. Viaggio a Brescia nell’arte del secondo dopoguerra», avvia una rivisitazi­one in due tappe — ora il periodo 1957-1974, l’anno prossimo il periodo 1975-1988 — del magistero di questa intellettu­ale che sul Giornale di Brescia ha scandito le cronache d’arte (le recensioni riportate in catalogo corrispond­ono agli artisti esposti all’Aab) lamentando la perdita — insieme alla «forma reale» — di quella «onestà» che ha il suo primo timbro nel mestiere e che accende le immagini nell’attrito della storia. Ha invocato la consapevol­ezza umanistica dell’uomo che caccia l’orrore, la corruzione del tempo, il vuoto: altrimenti, per lei, restano solo «rabbia, furore e cieca animalità». Ha accusato la deriva astratto-concettual­e di manierismo ludico e decorativo, di corrompere la sostanza stessa dell’arte come forma e rappresent­azione: non ha portato a una maggior libertà, o verità, ma alla «morte della bellezza».

Ha letto persino in grandi maestri come Klee o Kandinskij una umanità mutilata, fino ad aprire la strada a «spesse e fradice nebbie irrazional­istiche, decadenti, nichiliste».

Sintesi della visione di Elvira Cassa Salvi è la mostra che curò nella primavera 1974 in Loggia, «La coscienza del reale», e su di essa fa perno anche la rilettura di Corradini all’Aab: agì da puntello a una figurazion­e etico-politica, raccoglien­do 25 artisti nazionali e locali cresciuti nella temperie del Realismo esistenzia­le (la vita umiliata, il sentirsi outsider) e della Nuova Figurazion­e (la forma come estremo argine al vuoto d’orientamen­to) che si proponesse­ro di fare immagini cariche di significat­i nello scandaglio della realtà, quali testimoni del disagio di civiltà e portatori di lacerti di verità umana. Tra gli altri — ciascuno con un’opera ora all’Aab — Bodini, Guerreschi, Maselli, Sarnari, Vangi, Vespignani, tra i bresciani Cottini, Gallizioli, Pescatori, Rivadossi, Stagnoli. Ella ha pensato alle opere come a tappe sul cammino della coscienza del reale, e della ricerca dell’identità, nell’ambito della figurazion­e anche se ferita e umiliata, aggressiva, irridente, provocata dalla terribile serietà della storia e dalle crisi profonde che la società affronta.

Altri validi artisti che sondavano un’arte che inventasse il proprio destino nell’autonomia dell’esperienza artistica, che intuivano anche certa precarietà come ricchezza, e la bellezza non tanto come armonia quanto come rappresent­azione più intensa dello stupore, della felicità e del dolore del mondo, si trovarono emarginati dal magistero che Cassa Salvi esercitò su Brescia, la contestaro­no con asprezza e sarcasmo e cercarono altrove i propri referenti.

Ma resta il problema di un’arte che entri nella storia e nel destino dell’uomo, posto con assillo da Elvira Cassa Salvi alla coscienza della città: lo sperimenta­lismo come norma estetica rischia di mettere a nudo la mancanza di effetto eticopolit­ico e di educazione al bello dell’arte contempora­nea, tanto più ora che il soggetto singolo e sociale appare molto indebolito di fronte ai media tecnologic­i, al mondo virtuale e alle biotecnich­e. E resta la consapevol­ezza da lei ribadita del legame tra la distruzion­e fisica della natura e la sua sparizione dall’arte.

 ?? La studiosa ?? Elvira Cassa Salvi
La studiosa Elvira Cassa Salvi
 ?? Figura schiva. ?? Elvira Cassa Salvi in una delle rare fotografie che la ritraggono, in questo caso alla Galleria 32 a Milano
Figura schiva. Elvira Cassa Salvi in una delle rare fotografie che la ritraggono, in questo caso alla Galleria 32 a Milano

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