Corte d’appello, sono già oltre seicento le richieste di protezione internazionale
L’obiettivo della nuova sezione speciale è quello di arrivare a sentenza in un anno
Obiettivo: accorciare il più possibile i tempi di attesa per la discussione dei ricorsi per il rigetto delle richieste di protezione internazionale. Il lavoro dell’apposita sezione, attivata alla Corte d’Appello di Brescia si è avviato il primo settembre. «Ci sono tre giudici, più due ausiliari — spiega il presidente Claudio Castelli — con i quali lavoro anche io. Lo scorso anno ho seguito personalmente 60 casi».
Quotidianità fatta di richieste, ricorsi, attese, storie e numeri. «La scorsa settimana abbiamo ricevuto 50 pratiche(600 quelle già arrivate nel 2017) , la media è di una quarantina a settimana. Per la fine dell’anno arriveremo a un migliaio». Un terzo del lavoro complessivo della Corte d’Appello di Brescia che a fine anno conterà circa 3mila cause in tutto. Quanto ai tempi di trattazione degli appelli, nel caso in cui, dopo un primo diniego della Commissione Territoriale, il Tribunale di Brescia (unico competente per l’intero distretto) avesse già respinto la domanda di protezione«l’intento è quello di arrivare a meno di un anno di attesa dalla presentazione dell’appello alla decisione».
Le richieste di protezione internazionale vengono presentate per ottenere lo status di rifugiato o di protezione sussidiaria (per persecuzioni politiche, religiose o per l’orientamento sessuale, per minacce di terrorismo o conflitti economico-etnico-religiosi) oppure ancora di protezione umanitaria. «La valutazione non è un lavoro semplice ci sono parametri di legge da valutare insieme alle storie personali che portano anche a verificare i singoli eventi addotti a sostegno di richieste e appelli». Si contemplano soprattutto l’età, lo stato familiare, il totale sradicamento dalla comunità d’origine, le condizioni di salute e la provata capacità di integrazione socioculturale e lavorativa. Pur con qualche controversia, viene valutato a fondo anche il rischio per il richiedente, che abbia commesso reati in patria, di incorrere nella pena di morte o in trattamenti disumani . Nel 2016 le cause di protezione internazionale hanno subito un’impennata in coincidenza con l’aumento dell’aumento dei flussi migratori.
Sono tredici le nazionalità da cui proviene la maggior parte delle richieste. Il numero più nutrito è rappresentato dalle pratiche presentate da cittadini del Pakistan, seguiti da quelli di Gambia (in diminuzione per il ristabilirsi di una situazione politica più tranquilla), Mali, Bangladesh, Nigeria e Senegal. Classifica per nazionalità replicata anche nelle cause decise nell’ultimo quadrimestre del 2016 , presentate dai richiedenti. Tra quelle decise, presentate dal Ministero degli Interni, 6 riguardavano cittadini della Nigeria, 4 del mali e 1 Pakistano. Nel corso dello stesso periodo sono state 70 le cause, presentate dai richiedenti, decise con la conferma del primo grado, 14 con accoglimento della protezione sussidiaria, 6 con la concessione della protezione umanitaria.
In appello si arriva dopo il “passaggio” dal Tribunale che in primo grado a Brescia lo scorso anno ha definito complessivamente 964 cause, rigettandone 837 (circa l’87% del totale), accogliendo 11 protezioni sussidiarie, 46 protezioni umanitarie e 14 rifugiati. Si sono contati 21 rigetti per i motivi più diversi che vanno dalla scarsa credibilità (dopo attente verifiche condotte anche attraverso banche dati internazionali) dei racconti resi dai richiedenti, oppure perché si è accertata la provenienza da Paesi in cui non siano in atto guerre o situazioni di violenza generalizzata.
Ad oggi il calendario della trattazione degli appelli arriva fino a maggio del 2018. Un impegno complesso che, come già evidenziato si inserisce nel lavoro generale del Tribunale di Brescia che nel primo semestre del 2017 ha registrato 1443 cause civili sopravvenute. «Un numero considerevole, se paragonato alle 1401 dell’intero 2015 (nel 2016 erano state 2111) — evidenzia il presidente della Corte d’Appello — un numero che interpreto come indicativo anche della ripresa economica: ci sono più soldi e si fanno più cause». Assume, quindi, maggiore rilievo il compito a cui è chiamata la sezione dedicata alle richieste di protezione internazionale di contribuire alla tanto auspicata riduzione dei tempi della giustizia.
La valutazione Per l’accoglimento delle domande si considera anche la situazione personale