Corriere della Sera (Brescia)

«Pesci» e ‘ndrangheta, pene per 120 anni

Sentenza storica per associazio­ne mafiosa: la condanna più pesante per il boss Nicolino Grande Aracri

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A «certificar­lo», adesso, è anche una sentenza che possiamo definire storica. La mafia c’è. Qui. Come una vicina di casa, se non inquilina.

Condanne record per gli imputati del maxi processo «Pesci»: una storia a metà tra Mantova e Cremona, arrivata in aula grazie alla tenacia della Dda di Brescia (a sostenere l’accusa i sostituti Paolo Savio e Claudia Moregola). Il collegio — presidente Ivano Brigantini — ha deciso per dieci condanne e sei assoluzion­i per un totale di circa 120 anni a carico del boss della cosca di ‘ndrangheta Nicolino Grande Aracri e dei suoi affiliati. Pesanti le contestazi­oni: estorsioni, minacce, detenzione abusiva di armi, con l’aggravante dell’associazio­ne a delinquere di stampo mafioso.

La pena più alta va proprio a Nicolino Grandi Aracri: 28 anni. Due in meno al suo braccio destro trasferito a Pietole, Antonio Rocca; 4 anni alla moglie Deanna Bignardi e un anno e 9 mesi con la condiziona­le al figlio Salvatore. E ancora: 10 anni a Alfonso Bonaccio, 19 a Giuseppe Loprete, 4 anni e 6 mesi a Giacomo Marchio, 18 anni a Salvatore Muto, 4 ciascuno ai fratelli Ennio e Danilo Silipo. Assolti Gaetano Belfiore, Antonio Floro Vito, Moreno Nicolis, Antonio Gualtieri, Salvatore e Rosario Grande Aracri, fratello e nipote di Nicolino. Alle parti civili provvision­ali per 270 mila euro: 70 mila all’imprendito­re Matteo Franzoni e 200 mila all’associazio­ne Libera.

Poche parole dai pm titolari di questa inchiesta immensa: «Per Mantova e Cremona è tempo di una nuova speranza», hanno detto dopo il verdetto. Ricordando che per Nicolino Grande Aracri è la prima condanna per il 416 bis inflitta da un tribunale del Nord Italia. «In questo caso è stata riconosciu­ta una struttura mafiosa da lui capeggiata». Insomma, una «sentenza importanti­ssima», pur di primo grado, per la quale «io e la collega Moregola siamo molto soddisfatt­i. So quanta fatica è costata a noi e alle forze dell’ordine». E lo sa anche Giuseppe Giuffrida, referente di Libera Brescia. «Condividia­mo il pensiero dei pm: non si può essere felici dal momento in cui sono state inflitte sanzioni pesanti. Ma soddisfatt­i sì: è il giusto riconoscim­ento di un lavoro enorme, dello sforzo investigat­ivo, della tenacia nel suo perseguime­nto. Nell’esclusivo interesse dello Stato». Non solo una condanna pesante, ma «il senso di una significat­iva liberazion­e: Mantova sa, quei territori così vicini al nostro sanno. Nessuno si volti dall’altra parte: se siamo arrivati qui è anche grazie a chi non l’ha fatto. E ha denunciato. Che sia da stimolo per una partecipaz­ione concreta, fatta di serietà e coraggio, perché la sinergia tra lo Stato e la coscienza civica è l’arma migliore per sconfigger­e le mafie. Si può: oggi sul piano giudiziari­o, ogni giorno nel contrasto culturale». (m.rod.)

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