Frank, in aula i presunti ricettatori del fucile che uccise lui e la moglie
Tre gli imputati. Il teste: «Adnan mi disse che aveva bisogno di un’arma»
A pochi giorni dalla sentenza che in appello ha confermato l’ergastolo ai due esecutori materiali, torna in aula il duplice omicidio di Francesco «Frank» Seramondi e della moglie Giovanna, freddati nella loro (storica) pizzeria di via Val Saviore la mattina dell’11 agosto 2015).
Davanti al giudice, adesso, ci sono Gurinderjeet Singh (detto Gora), Costantino Defrassu (l’unico italiano coinvolto nella vicenda) e l’altro indiano, Harjap «Jaffy» Singh. Tra le loro mani, secondo l’accusa, sarebbero passati il fucile Breda usato per uccidere la coppia e la pistola calibro 7.65 utilizzata invece, alcune settimane prima, per intimidire un loro dipendente albanese. «Gora» peraltro avrebbe mentito al pm e aiutato i connazionali a eludere le indagini.
Chiamato a deporre dal pm Cati Bressanelli un altro ragazzo indiano, di casa a Castelmella. Il suo racconto inizia da quando, nell’inverno 2014, decide di rilevare la pizzeria di Santok Vicky Singh (condannato a 19 anni per aver preso parte al piano omicida). «Con lui c’era sempre Adnan (uno degli esecutori materiali, ndr)». E proprio Mohammad Adnan «mi disse che voleva spaventare alcune persone». Un fornaio bresciano, preciserà poi. «Mi spiegò che aveva bisogno di un’arma e di qualcuno che potesse sparare alla vetrina del suo negozio per intimidirlo». Ma poi, i mesi successivi, avrebbe iniziato a parlare di «ucciderlo». Perché proprio a lui? «Perché sapeva che avevo frequentato la compagnia di Jetta (Gurjeet Singh, condannato a sei anni per aver fornito le armi, ndr) e che lì giravano le armi. Ma ha iniziato ad assillarmi, e mi sono chiamato fuori da questa storia».
In aula anche un agente della squadra Mobile della questura, chiamato a riferire sulle intercettazioni telefoniche che accerterebbero i tantissimi contatti incrociati degli imputati nel luglio di due anni fa.