CERCANDO L’ISLAM TOLLERANTE
Di fronte al ripetersi di episodi di terrorismo di matrice islamica si impone la domanda: a quando una riflessione nel mondo islamico che non solo condanni questi episodi ma si interroghi sulle loro radici teologiche e culturali? Radici tutte interne alle tradizioni islamiche, innanzitutto a quella sunnita. Tradizioni esse stesse plurime, tra loro in conflitto, dove pure sarebbe possibile trovare forme di islamismo — e quindi di interpretazione del Corano — per niente fondamentaliste: ad esempio la tradizione sufista, dove la lettura mistica del Libro e il concetto di “jihad”, lungi dall’essere volontà di annientamento degli infedeli, significa purificazione di se stessi nella contemplazione del Dio inaccessibile. Ma ancor di più, a quando il ritorno di un Islam che parta dall’insegnamento del filosofo Averroè (11261198), per il quale il Corano stesso ha senso solo se non è in contraddizione con i principi della ragione filosofica. Ragione che per Averroè si identifica con l’insegnamento di Aristotele. Sono interrogativi che nascono dalla lettura del bellissimo libro «Averroè», edito da Carocci e scritto da un giovane ricercatore bresciano, Matteo Di Giovanni. Dopo gli studi alla Normale di Pisa, Di Giovanni s’è specializzato a Yale sulla cultura filosofica dell’Occidente islamico e ora insegna filosofia antica e araba alla Ludwig-Maximilians Universität di Monaco di Baviera. Frutto di anni di ricerche, questo libro offre una ricostruzione innovativa del pensiero di Averroè — filosofo, scienziato e medico —, oltre lo stereotipo che lo riduce a Commentatore per eccellenza di Aristotele. Quel che rende interessante il testo di Di Giovanni è che nei conflitti culturali e politici vissuti da Averroè nel Califfato di Cordova, negli anni di maggiore splendore intellettuale della Spagna islamica, si possono vedere in controluce i dilemmi filosofico-teologici tutt’ora irrisolti nel mondo islamico. Quale autonomia ha la ragione rispetto al Libro religioso? È la domanda che da un lato porterà all’esilio di Averroè, dall’altro nel mondo cristiano alla condanna come eresia non solo di Averroè ma dell’aristotelismo averroista che negava l’immortalità dell’anima e parlava di eternità del mondo. Con una differenza: mentre nell’Occidente cristiano queste eresie vinsero sul lungo periodo e furono tra i fattori di sviluppo del progresso scientifico e civile, questa possibilità nell’Oriente islamico fu sbarrata. In tal senso ritorna il quesito: può esserci un futuro tollerante e laico dell’Islam che non sia averroista?