Ex acciaieria Stefana: rimossi tre fusti di scorie radioattive In provincia altre 140 «fonti»
Esselunga durante la bonifica ha trovato tre fusti contaminati: trasferiti nel sito romano di Casaccia Nelle aziende della provincia restano ancora 140 sorgenti di Cesio 137, controllate da Ats e Prefettura
La bonifica Esselunga nell’ex Stefana di Ospitaletto ha permesso la rimozione di tre fusti di scorie radioattive. In provincia restano altri 140 mini-depositi di Cesio 137.
La nascita del maxi polo logistico Esselunga nell’ex Stefana di Ospitaletto ha disinnescato un non irrilevante pericolo radioattivo. Erano infatti tre le sorgenti di Cesio 137 dentro l’acciaieria. Materiale pericoloso accumulatosi negli anni passati, arrivato nello stabilimento con i camion di rottame provenienti dall’Italia e dall’Europa: rottame che poi veniva fuso per produrre acciaio. I container sono stati trasportati nel centro Nucleco di Casaccia Roma), che funge da deposito provvisorio di materiale radioattivo, visto che in Italia — nonostante se ne parli da anni — manca ancora un sito dedicato a questa tipologia di scorie. Per i tre fusti «bresciani» si è dovuto adottare un procedimento particolare, con un preciso piano d’intervento validato da Ats.
Il materiale radioattivo, fa sapere il direttore sanitario dell’Ats di Brescia Fabrizio Speziani, era già stato messo in sicurezza all’interno dello stabilimento. E non è l’unico caso della provincia. Negli ultimi vent’anni sono state quasi 290 le sorgenti radioattive scoperte nel Bresciano. Metà sono state smaltite, altre 140 sono «tombate» all’interno delle aziende, monitorate da Ats e Prefettura. Altre quindici fonti sono ancora sotto sequestro giudiziario. La maggior parte di queste scorie si trova in Valtrompia, dove è maggiore il numero di fonderie. Il fenomeno è fortunatamente in calo, grazie all’aumentato monitoraggio delle aziende, che hanno installato portali radiometrici all’ingresso, in grado di far scattare l’allarme e mandare indietro le scorie pericolose. Succede anche al termovalorizzatore A2A, dove non è infrequente che arrivino rifiuti sanitari di persone soggette a cure oncologiche radioterapiche: i rifiuti vengono individuati e messi in sicurezza. Ma in passato, in diverse acciaierie, se ben schermate da altri metalli (ad esempio il piombo è un ottimo isolante per la radioattività), le scorie di Cesio 137 sono arrivate ai forni fusori. Eclatante è stato il caso del 1997 all’Alfa Acciai, che fuse accidentalmente rottame radioattivo e fu poi costretta ad una poderosa bonifica ed alla creazione di un bunker in cemento armato all’interno dell’azienda, dove ha stoccato le ceneri pericolose. Caso fotocopia è accaduto nel 2007 alle Acciaierie Venete di Sarezzo (anche lì è stato realizzato un bunker per far riposare 267 tonnellate di scorie). Nel 2008 altro allarme all’azienda Rivadossi di Lumezzane: anche qui è stato realizzato un sarcofago in cemento che per i prossimi 305 anni garantirà l’innocuità delle 150 tonnellate di scorie, dormienti in sei container. Più critico intervenire nelle discariche «dedicate» sorte a cavallo degli anni Ottanta e Novanta: la più grande è quella della raffineria Metalli Capra sul Monte Netto (Capriano del Colle), realizzata — sotto il controllo di Enea — in un ex cava di argilla. Storia diversa ma non meno grave per la discarica ex Piccinelli di Buffalora, a due passi dal parco delle cave, oggetto di passati conferimenti abusivi.
Tornando all’ex Stefana, le operazioni di messa in sicurezza delle fonti radioattive rientrano nel più vasto piano di bonifica dei 130mila metri cubi di scorie d’acciaieria (contenenti metalli pesanti e pcb) che in parte avevano formato una discarica abusiva. Esselunga ha asportato tutti i veleni dai terreni, portandoli in discarica. Ora è in attesa delle analisi dell’Arpa, per capire se dovrà proseguire con la bonifica dei suoli per i quali — vista la destinazione è commerciale — la legge prevede soglie di tolleranza ben superiori rispetto al verde pubblico. Esempio ficcante quello dei Pcb: 60 microgrammi al chilo il limite per il verde pubblico, 5 mila microgrammi per i siti industriali-commerciali.