Accoglienza, le nuove regole
Preoccupazione nel terzo settore: la maggior rigidità non favorisce le piccole realtà
Regole più ferree per chi offre accoglienza ai richiedenti asilo. Ieri scadeva il nuovo bando, oggi in Prefettura saranno aperte le offerte. Chi accoglie profughi dovrà garantire assistenza medica, presenza pressoché costante di una persona, oltre ad alcune ore di insegnamento. Tutti requisiti che rischiano — è la convinzione del terzo settore — di penalizzare i piccoli.
Nello strumentario minimo, indicato nel bando di gara, non si parla soltanto di termometri e «materiale per test ematici rapidi» come la glicemia o il test di gravidanza. Chi si candida a gestire l’accoglienza dei profughi dovrà procurarsi anche uno «sfigmomanometro», un «fonendoscopio» per auscultare cuore e polmoni, un «saturimetro» per controllare l’ossigeno nel sangue, un «pallone Ambu» e, tra le altre cose, persino una «bombola d’ossigeno».
Poi c’è il personale: serve un medico sei ore alla settimana, un direttore full time — 36 ore — se la cooperativa (o l’albergatore) accoglie meno di 50 richiedenti asilo, un minimo di 18 ore di mediazione linguistica che diventano 54 ore se si ospitano più di 50 richiedenti.
Il nuovo bando della prefettura, che si è chiuso ieri, prevede requisiti più stringenti che potrebbero mettere in difficoltà tante piccole realtà che lavorano sì con serietà, ma non sono certi colossi. «È uno schema che non favorisce certo la micro accoglienza, lo sanno anche i dirigenti della prefettura» è la critica inzuppata di realismo che filtra da alcuni operatori del Terzo settore. E stamattina, che in prefettura si aprono le buste, potrebbero esserci delle sorprese: magari i candidati saranno gli stessi della tornata precedente, ma quanti rispetteranno tutti i requisiti?
In alcuni casi è prevista anche la presenza del defibrillatore, un badge dovrà essere consegnato a tutti gli ospiti (così da controllare entrate e uscite) e la presenza di operatori dovrà essere garantita sia di giorno sia di notte. «È giusto avere uno standard alto — dicono dal Terzo settore — ma allora servirebbe il doppio della retta». Per altri operatori, più che l’argomento economico, si tratta di questioni di opportunità: l’auspicio, per Agostino Zanotti (Adl) è che «la prefettura valuti l’attività svolta negli anni passati», come se fosse un curriculum, e tenga conto delle «caratteristiche dell’accoglienza».
Se per esempio un’associazione ospita 30 profughi divisi in cinque condomini, è chiaro che «non può garantire un operatore di notte per ogni appartamento», come prescrivono le regole feree del bando. Il rischio è che salti un sistema di micro accoglienza fatto da operatori seri che però non hanno la possibilità di mettere in campo tutte le figure richieste, casa per casa. «Nessuno chiede un occhio di riguardo — ripete Zanotti — ma si valuti il tipo di accoglienza». Da parte sua, Adl si candida a gestire 33 posti, ma l’ambizione è trasformarli da Cas (Centri di accoglienza straordinaria) a Sprar. L’accoglienza di secondo livello è un lavoro più complesso, che l’associazione già svolge con 45 profughi a Calvisano, Collebeato e Passirano, altri 51 a Cellatica e una sessantina su Brescia (divisi con Il Mosaico e la cooperativa K-Pax).
Se «più qualità» e un «maggior rigore» sono ciò che l’associazione di Zanotti ha «sempre chiesto», è pur vero che tutti, nel Terzo settore, sperano che la Commissione prefettizia valuterà i casi con il giusto peso. Di certo, se il Viminale ha innalzato l’asticella dei requisiti per chi si candida a ospitare i profughi, è perché in questi ultimi anni le polemiche sul sovraffollamento e la mala gestione non sono mancante. Non solo in Sud Italia, ma anche nel bresciano dove la Procura ha indagato Angelo Scaroni per truffa ai danni dello Stato.
Con 3.344 posti Cas, le offerte presentate potrebbero anche non coprire l’intera domanda. Il bando, infatti, è stato scritto quando i flussi erano in continua ascesa, prima quindi della riduzione degli sbarchi cominciata a luglio e agosto. Se finora i profughi sbarcati in Italia sono il 20% in meno rispetto al 2016, va da sé che l’emergenza rimane aperta. Oggi i richiedenti ospitati sul territorio bresciano sono meno di tremila. E la necessità di alloggi resta un tema centrale. Chi ha i numeri per presentarsi senza difficoltà al bando è Marco Riva, l’imprenditore che ha dato vita alla cooperativa «Un sole per tutti» attraverso la quale ha gestito centinaia di richiedenti asilo, procurandosi al proprio interno tutte le figure professionali richieste: insegnanti di italiano, operatori sociali, esperti di diritto, personale per avviare corsi di formazione per i richiedenti. Quest’anno Riva si candida a gestire poco più di 300 richiedenti, attraverso la formula della Rete temporanea di imprese (Rti) che mette insieme la cooperativa con le società che gestiscono gli immobili. L’anno scorso, gli albergatori coprivano circa la metà della domanda di accoglienza dei profughi, le cooperative l’altra metà. Ma anche Riva è convinto che «le difficoltà saranno soprattutto per le piccole realtà».
L’altro tema, sullo sfondo, è quello dei comuni che al momento non accolgono alcun richiedente asilo: si tratta di 67 paesi che tra l’altro, non avendo firmato l’accordo Anci-Viminale, potrebbero vedersi arrivare alcuni rifugiati senza alcun tipo di accordi istituzionale.
La scelta Oggi si visionano le offerte in prefettura Ci saranno alcune difficoltà operative Zanotti (Adl) Nessuno chiede un occhio di riguardo ma si valuti il tipo di accoglienza già fornita