Il marmo di Botticino festeggia trent’anni e vola «grazie all’export»
Hanno provato a copiarlo e storpiarlo in tutti i modi. I turchi, soprattutto, perché il Rosalia che estraggono da quelle parti ha un colore simile alla meravigliosa pietra bresciana. «Ma il marmo Classico di Botticino è un’altra cosa e ha caratteristiche ben superiori. Per questo, nel 2005, abbiamo creato e registrato il marchio collettivo in Unione Europea e in 22 nazioni extra-Ue». Giovanni Merendino, presidente del Consorzio Produttori Marmo di Botticino Classico, lo rivendica con orgoglio.
Fondato nel 1987, il Consorzio festeggia trent’anni e difende una pietra «unica e inconfondibile, che vanta duemila anni da protagonista nella storia dell’arte». Dall’Altare della Patria di Roma agli hotel ultra lusso di Donald Trump, passando per le ville dei Paperoni indiani e quelle degli sceicchi arabi, il Botticino ha saputo conquistarsi una fama internazionale e i dodici consorziati (undici aziende più il Comune di Botticino) sono presenti in grande stile e in questi giorni alla Fiera di Verona per Marmomac, principale rassegna della pietra in scena dal 27 al 30 settembre.
«Nonostante il crollo del mercato interno dovuto alla crisi dell’edilizia, il nostro settore resiste grazie all’export e rispetto a dieci anni fa non si registrano particolari cadute di fatturato», continua Merendino.
Qualche numero: in tutto il bacino estrattivo (da Botticino a Nuvolera passando per Nuvolento e Serle) sono attive 120 cave, gli occupati diretti sono 700 e salgono a 1.500 considerando l’indotto. Il fatturato complessivo delle cave bresciane è di 180 milioni di euro e circa l’80% deriva dall’export. «Il primo paese è l’India, che vale il 50% delle esportazioni. Il rapporto è secolare ed è iniziato addirittura ai tempi del colonialismo: gli inglesi caricavano i blocchi di Botticino sui primi treni».
Grande anche la richiesta da Cina, Golfo Persico, Stati Uniti. «Lavoriamo sulla qualità e l’immagine del nostro prodotto, partecipiamo a tutte le principali rassegne del settore e lavoriamo con scuole e istituzioni per promuovere la cultura del Botticino Classico. Questa è la strada da seguire», spiega Merendino.
La concorrenza più forte è quella turca e, se il fatturato complessivo degli estrattori bresciani non è diminuito in modo sensibile, soffrono parecchio le aziende di trasformazione. «In generale i margini si sono ridotti ma, grazie alla tenuta dell’export, il comparto ha complessivamente retto alla crisi. In questi anni difficili, soprattutto per il mercato interno, nessuna delle 120 cave bresciane ha chiuso per ragioni economiche», conclude Merendino.
I mercati Grande richiesta da Cina, Golfo Persico e Stati Uniti. I turchi i maggiori concorrenti