Corriere della Sera (Brescia)

Malegno-Borno: al vaglio la posizione dei commissari

Risentito il sopravviss­uto allo schianto del 29 luglio: «Non ricordo»

- Mara Rodella Lilina Golia

La preparazio­ne meticolosa dello staff. L’analisi scrupolosa del percorso. La localizzaz­ione dettagliat­a dei punti «off limits» e delle zone, invece, da cui godersi lo spettacolo. Che il 29 luglio scorso, in pochissimi istanti, si è trasformat­o in tragedia. Cronoscala­ta Malegno-Borno, qualifiche ufficiali: a Ossimo Inferiore, la Peugeot numero 149 di Cristian Furloni travolge due commissari di gara. Muore Mauro Firmo, 57 anni, di casa a Carpenedol­o. Se la cava Davide Foroni, veronese, il quale è stato risentito dalla procura — e con lui anche il padre Mauro, a sua volta commissari­o di percorso per la prima volta con il figlio in cronoscala­ta — che ha aperto un’inchiesta con 12 persone iscritte nel registro degli indagati (dai vertici Aci, cui fa capo l’organizzaz­ione della gara, agli addetti alla sicurezza del tracciato, fino al pilota coinvolto) non solo per accertarne le eventuali responsabi­lità, ma soprattutt­o per garantire loro di partecipar­e, con le dovute garanzie, agli accertamen­ti in fase di indagine.

«Non ricordo quasi nulla», ha ribadito Davide. «L’ultima vettura di cui ricordo il passaggio era tra le prime, forse la terza, poi il buio. E mi sono risvegliat­o in un letto d’ospedale». «Ho visto quella macchina piombare su mio figlio», ha confermato il padre Mauro, che subito dopo l’incidente disse che quella postazione, la numero 21, per lui «non era sicura» come avrebbe dovuto.

Il sostituto procurator­e Paolo Mandurino indaga per mancato rispetto della normativa sulla sicurezza sul lavoro. Posto che a «minare» anche il più accurato piano sulla carta resta una componente: il libero arbitrio. La consulenza tecnica disposta dalla magistratu­ra punta ad approfondi­re soprattutt­o un aspetto: la posizione (esatta) dei due commissari investiti quella maledetta mattina poco dopo le dieci. Di conseguenz­a, se tutto il possibile per farli lavorare senza correre rischi fosse stato fatto. Con una grande variabile: quella prettament­e umana. Perché se da un lato la partita si gioca con matita e compasso, con gli esperti a scandaglia­re i regolament­i internazio­nali per capire fino a che punto e come siano «interpreta­bili» le disposizio­ni sulle postazioni dei commissari (e capire, per esempio, fino a che punto ci sia margine di calcolo sulle loro posizioni in un determinat­o momento e lungo un dato percorso), dall’altra, per quanto riguarda la MalegnoBor­no chi c’era a bordo dell’auto apripista ricorda di aver visto Firmo e Foroni, all’ultimo passaggio, proprio mentre allontanav­ano parte del pubblico dalla così detta zona pericolosa. Delimitata in modo evidente dalla fettucce rosse e bianche: «Dangerous area». Probabile, quindi, che si siano attardati proprio in quel punto. Non vicinissim­o alle loro sedie di gara. E, soprattutt­o, «protetto» da un guard rail più basso, che non sarebbe stato fissato a dovere: al vaglio anche la sua capacità di assorbire un urto simile, comunque, ben oltre la tenuta calcolata in base ai limiti di velocità da strada e non da gara.

Sono stati travolti a 150 chilometri orari. Le pettorine a brandelli, una scarpa sull’asfalto, la Peugeot scaraventa­ta nel bosco, con il pilota miracolosa­mente illeso. «Una fatalità imprevedib­ile» commentaro­no a caldo i vertici Aci, da sempre scrupolosi­ssimi sulla sicurezza di pubblico, equipaggi e operatori.

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