Corriere della Sera (Brescia)

No alla fusione I sindaci: «Peccato, qui ha vinto la paura»

- di Giuseppe Arrighetti

No. La fusione “per incorporaz­ione” fra Ponte di Legno, Temù e Vione è stata bocciata dagli elettori dei due comuni più piccoli, che hanno preferito mantenere lo status quo invece che arrischiar­si in un’avventura dai confini (amministra­tivi) ben definiti, ma vaporosi sotto il profilo culturale, identitari­o ed economico. Il sì alla fusione ha vinto solo a Ponte di Legno (606 voti favorevoli contro i 418 contrari) mentre il no si è affermato sia a Temù (373 contro 338) che a Vione (300 contro 189), mandando in frantumi le speranze dei tre comitati che, dopo aver raccolto le firme della maggioranz­a degli elettori dei tre comuni, avevano avviato l’iter per la fusione ed erano convinti di avere in pugno il successo referendar­io. E invece l’esito delle urne è stato di segno opposto. Pesa in particolar­e il “no” di Temù: cinque anni fa i voti di scarto erano stati un’ottantina; il divario questa volta si è ridotto ma non abbastanza per fondere i due paesi che, insieme, hanno dato vita al grande sogno di un unico demanio sciabile in alta valle. Il consiglier­e comunale di minoranza Fabio Fogliaresi, anima del comitato contrario alla fusione, arriva a chiedere le dimissioni del sindaco Roberto Menici, che, come cinque anni fa, si è speso in prima persona in favore della fusione. «Ma io non ci penso proprio a dimettermi – spiega il primo cittadino di Temù – perché è dura da digerire questa sconfitta, ma non ha nulla a che vedere con la vita politica e amministra­tiva del nostro paese. Anche cinque anni fa, dopo il primo referendum, ci avevano dati per morti e invece poi le elezioni amministra­tive del 2014 le abbiamo vinte noi. Questo vuol dire non è una bocciatura al nostro mandato amministra­tivo, ma è un no preciso alla fusione. Certo, se ripenso al fatto che il comitato del sì nel mio comune aveva raccolta circa 480 firme, e che nel segreto dell’urna sono venuti a mancare quasi 150 voti, il rammarico aumenta. Ma noi andiamo avanti per la nostra strada, convinti che aver appoggiato questa battaglia fosse il modo giusto per proporre un’idea di futuro alle nostre comunità». In valle Camonica c’è un esempio di fusione andata a buon fine: quella tra Bienno e Prestine. Da questi due centri della Val Grigna era arrivato un appello agli elettori dell’alta valle Camonica affinché battessero senza indugio la strada della fusione «e invece – riflette Aurelia Sandrini, sindaco di Ponte di Legno – credo che, specialmen­te a Vione, abbiano avuto paura di perdere i pochi servizi che sono rimasti sul loro territorio». Proprio a Vione, a ridosso del voto, era circolato un volantino che spiegava come, dal punto di vista economico sotto il profilo della tassazione locale, la fusione non sarebbe stata per niente vantaggios­a «ma io credo – aggiunge la Sandrini – che non siano i conti economici ad aver fatto vincere il no alla fusione. Sono convinta che, più sempliceme­nte, la gente non sia pronta a compiere questo passo». Sovranisti camuni dunque? Non proprio visto che i comitati per il no hanno spesso ribadito di essere favorevoli a una integrazio­ne maggiore per l’unione dei sei comuni di tutta l’alta valle, con un percorso ancora tutto da costruire. È certo però che sulla fusione tra Ponte di Legno e Temù sia calato definitiva­mente il sipario.

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Sconfitti I sindaci dei tre comuni camuni erano per la fusione (Cavicchi)

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