Beretta e la sua squadra di tiratori «Noi, pronti per le Paralimpiadi»
A Lonato la presentazione tra «inclusione sociale» e sport
Cristian è nato senza un braccio. «Ma ho sempre fatto la stessa vita di tutti i miei amici»: casa, scuola, svago e anche sport. «Qualche difficoltà ce l’avevo — dice ridendo — con le bacchette da sci. Io sono di Piancamuno e lì sciare è un obbligo. Per non rinunciare alla neve ho iniziato a fare snowboard. Sono stato tra i primi in Valle Camonica trent’anni fa», dice orgoglioso. Oggi è il capitano del Beretta shooting team, presentato al Concaverde Trap di Lonato, prima squadra italiana di atleti disabili di tiro a volo, a breve a pieno titolo tra le discipline paralimpiche. «Quando mi hanno chiamato dalla Beretta per dirmi che mi avrebbero affidato un loro fucile, mi sono sentito come un pilota ingaggiato dalla Ferrari. E ho pianto di felicità e orgoglio».
Cristian Ciocchi, 36 anni e un palmares che conta, tra gli altri, due titoli italiani e una vittoria al recente Beretta Excellence, è tutto cuore ed entusiasmo, così come lo sono i suoi undici compagni della squadra (che annovera anche un altro bresciano, il 31enne Marco Giugno di Castel Mella) che rappresentano una buona fetta dell’italico stivale, Sardegna e San Marino, comprese medaglie mondiali. Ognuno di loro ha avuto a che fare con una malattia, o un incidente che li ha portati a una vita un po’ più complicata per alcuni aspetti.
Beretta ha investito su questo gruppo, diretto da Roberto Zarrillo, il competition manager, credendo in un messaggio sociale di inclusione di cui sono ambasciatori i 12 tiratori. «Sono sicuro che tra questi ragazzi c’è il vincitore di Parigi 2024», dice con convinzione granitica il presidente dell’azienda armiera, Franco Gussalli Beretta. «L’idea di inserire il tiro a volo tra le discipline paralimpiche ci ha entusiasmato e abbiamo pensato di creare una squadra».
Lo scambio tra gli atleti e la Beretta è costante. I primi mirano al piattello e alle medaglie. L’azienda li supporta con attrezzature quasi sartoriali. «Abbiamo in dotazione il Black edition, un fucile molto leggero che ha visto le componenti più pesanti realizzate in carbonio», spiega Ciocchi. I suggerimenti degli atleti diventano per noi «lo stimolo per trovare soluzioni tecniche nuove e dare anche nuovi imput al nostro business», spiega il presidente Beretta, la cui azienda ha fatto della ricerca un punto di forza.
Ognuno dei tiratori ha un fucile realizzato su misura, a seconda delle esigenze. Ma in fatto di esigenze di tutto rilievo è il progetto avviato con Università degli Studi di Brescia, Brixia Accesibilty Lab, Centro ricerche Camozzi e con il patrocinio della federazione di tiro a volo. «Sarà attuato uno studio per rendere i campi di tiro più accessibili — spiega Zarrillo — con valutazioni su barriere architettoniche e servizi offerti a tutti i fruitori». Il team Beretta potrà contare sull’esperienza di uno sportivo internazionale. Laurent Ottoz, sarà prestato dall’atletica al tiro per coordinare il gruppo, con una visione innovativa. «Si lavorerà sull’atteggiamento mentale, sull’approccio alla gara, ma anche sull’alimentazione». Con una certezza: «Questi sono atleti che potrebbero competere con tiratori normodotati». Intanto al campo di Lonato lo shooting team ha incontrato i colleghi del Disability Raid, sostenuto da Beretta, organizzato dall’Academy 4x4 di Trento, che promuove corsi di guida sicura su fuori strada, destinati anche a disabili.