Migranti, Montalbetti fa riflettere
Un’opera fortemente ancorata all’attualità. Una riflessione colta e pregnante sul dramma dell’immigrazione al quale assistiamo, spesso distratti, da anni. Il teatro come luogo di riflessione civile e politica, spazio di denuncia e di poesia. Si muove tra questi estremi «Haye: le parole, la notte», l’ultima opera del compositore bresciano Mauro Montalbetti, applaudita nei giorni scorsi al Teatro Ariosto di Reggio Emilia. Il libretto di Alessandro Leogrande, edito da Feltrinelli, vuole dare voce a chi normalmente voce non ha: uomini e donne in viaggio che parlano, pregano, gridano, soffrono, pensano, inveiscono, amano, odiano… parole che sono solo loro, ma che sono dannatamente simili a quelle dei migranti di sempre. Anche degli italiani che ieri solcavano l’oceano in cerca di fortuna e che talvolta, come oggi accade nel Mediterraneo, morivano tra le onde. Il testo ha ritmo e offre numerosi spunti di riflessione, come quando mette in scena un distinto italiano qualunque che inanella una serie di “ragionevoli” pregiudizi contro gli immigrati, così ben articolati da risultare quasi convincenti. Peccato che siano espressione di un razzismo quasi ancestrale, travestito da provocazione «politicamente scorretta». La musica di Montalbetti è bellissima, dà potenza e vigore alle parole e alle immagini, ne amplifica il significato facendo leva sulle corde ora dell’emozione ora della riflessione. Si tratta di una partitura articolata, portatrice di una scrittura densa affidata a interpreti di assoluto livello. Un affresco polifonico che avvolge e sostiene con vigore la parola e le belle immagini curate dalla regista Alina Marazzi.