IL PIANETA GIUSTIZIA
Il presidente del Tar: «Così tuteliamo i cittadini, ma senza bloccare il Paese»
«Abbiamo un ruolo importante e indispensabile nel coniugare l’attività della Pubblica amministrazione con la tutela della posizione giuridica dei singoli». Roberto Politi, classe 1959, romano con la toga da 28 anni, è il nuovo presidente del Tar di Brescia, respinge l’idea di un organo amministrativo che finisca per bloccare un paese o che non sia dalla parte dei cittadini. «Molto spesso — spiega — non veniamo capiti in questo nostro ruolo. Noi siamo solo degli arbitri».
Il Tar di Brescia ha un nuovo presidente. A Giorgio Calderoni, passato nei ranghi del Consiglio di Stato, è succeduto Roberto Politi, classe 1959 di Roma, sposato e padre di una figlia laureata e specializzata in Giurisprudenza: «Temo voglia seguire le orme del padre» dice Politi con disincanto professionale e trasparente affetto paterno.
Politi ha alle spalle una lunga carriera che dura da ventotto anni nella magistratura amministrativa: è stato nelle sedi Tar di Lecce, Catanzaro, Parma, Firenze, Roma e infine Reggio Calabria, dove è stato presidente negli ultimi tre anni e mezzo.
Insediatosi il 15 settembre scorso, ieri ha tenuto udienza cominciando a familiarizzare con il mondo forense bresciano. Per ora la città si è presentata con le sue credenziali migliori: «Bella, ordinata, pulita. Una cosa che colpisce molto chi viene da Roma come me».
Quanto agli uffici di via Zima, Politi ha trovato «parecchie pendenze, come in tutte le nostre sedi» ma al tempo stesso «magistrati e personale amministrativo molto laboriosi. La speranza, con la chiusura del concorso per magistrati entro fine anno, è di colmare i due posti mancanti entro l’inizio del 2018».
Presidente, i ricorsi legati all’immigrazione in passato hanno ingolfato uffici e udienze. La situazione oggi?
«Il picco di ricorsi presentati
sui temi della regolarizzazione e dei permessi di soggiorno, circa 2.500, è stato raggiunto nel 2015: siamo stati la seconda sede Tar d’Italia. Nel 2016 c’è stata una netta flessione, siamo scesi a 1.500 nuovi ricorsi. Quest’anno registriamo una ulteriore, sia pur contenuta, flessione. Noi non abbiamo competenza invece in materia di richiedenti asilo».
Veniamo al ruolo dei Tar: l’immagine di «signornò» che bloccano il Paese non giova molto alla vostra causa…
«L’immagine che si dà, effettivamente, è che si blocca tutto. Certo, ci sono situazioni patologiche come quella del concorso per infermieri sospeso a Roma due o tre ore prima che si svolgesse. Io sul punto osservo due cose». Prego.
«Anzitutto la magistratura amministrativa ha un ruolo indispensabile nel coniugare l’attività della Pubblica amministrazione con la tutela delle posizioni giuridiche dei singoli: esercitiamo insomma la tutela dei cittadini verso la pubblica amministrazione. Inoltre svolgiamo una funzione di difesa del cittadino per il corretto esercizio del potere della Pubblica amministrazione. Rappresentiamo insomma il primo presidio per effettuare una verifica attenta della correttezza della Pubblica amministrazione, sempre su iniziativa del cittadino». Questa immagine di paladini dei cittadini fa fatica a passare…
«Molto spesso c’è una difficoltà del giudice amministrativo a comunicare all’esterno. Non veniamo capiti perché manca la comunicazione».
Alcune sentenze oscure nella stesura non aiutano.
«A volte pecchiamo di autoreferenzialità. La sentenza, invece, è necessario che comunichi a chiunque di cosa si sta parlando, come si svolge il ragionamento».
Non c’è anche un problema di durata dei processi?
«I tempi della giustizia, un problema presente anche a Brescia. L’efficienza della giustizia passa attraverso la tempestività. Una bella sentenza, se tardiva, non è una buona
sentenza».
Il diritto amministrativo vede spesso contrapposti grandi interessi del sistema economico e la pubblica amministrazione vista come elemento di freno. Come vede lei questo rapporto?
«Il sistema economico ha come primo interfaccia l’esercizio del potere pubblico. Rispetto a questi protagonisti il Tar non svolge un ruolo di mediazione, non è un attore, ma deve guardare la legittimità degli atti, svolgere un ruolo arbitrale di controllo della correttezza delle parti. Non dobbiamo mai sovrapporci o sostituirci alla Pubblica amministrazione per rendere possibile che l’attore economico si sviluppi liberamente. Sono contrario all’interventismo della giustizia amministrativa
in materia economica».
Una delle materie che più affliggono le imprese è quella degli appalti.
«La normativa è stata complessivamente modificata ma già nel 2017 il legislatore ha introdotto delle modifiche. L’obiettivo dovrebbe essere l’avere leggi più stabili. Serve la chiarezza del quadro normativo per gli operatori ma prima ancora per i cittadini. L’oscurità è un danno comunque. Basti dire che la vecchia normativa risaliva al 2006 ma aveva subito tre modifiche. La novità è il sequestro e la confisca di beni per chi è coinvolto in ipotesi di corruzione. L’importante più che mai è garantire la correttezza delle procedure e scongiurare che, attraverso gli appalti, si verifichino infiltrazioni della criminalità organizzata. Episodi ci sono stati anche in Lombardia ma, io che vengo dalla Calabria, mi sento di dire che qui non c’è una cultura di accettazione generalizzata della presenza della malavita organizzata».
Lei, date le consuetudini della magistratura amministrativa, rimarrà a Brescia non meno di due anni. Che obiettivo si prefigge?
«Mi piacerebbe incrementare l’efficienza, accorciare i tempi di risposta all’utenza. Gli interventi che farò riguarderanno l’efficienza e la tempestività. E la tendenziale riduzione dell’arretrato».
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