Biometano per auto dal biogas: fermi per colpa del Governo
Amedeo Gorlani: «Il nostro progetto attende i decreti attuativi da 18 mesi»
Amedeo Gorlani ( foto Cavicchi), della Biogasmetano di Erbusco, lamenta i ritardi del Governo: «Questa lentezza comporta soltanto costi e nessun guadagno per chi, come noi, ha investito nel settore». Di recente, ha stretto un accordo con la canadese Xebec, «ma senza la certezza sugli incentivi è molto più difficile firmare contratti».
Il biogas era stata la prima «rivoluzione»: dalla fermentazione dei reflui zootecnici si otteneva energia per produrre corrente elettrica (e il residuo era meno «velenoso» per i campi). La seconda rivoluzione, in procinto di nascere, si chiama biometano: si purificano i gas e si ottiene CH4, ossia metano, lo stesso che si importa dalla Russa di Putin.
Solo che il primo è autoprodotto, non viene estratto da suolo: è frutto della digestione anaerobica di reflui che finiscono negli impianti di trattamento delle acque urbane, dei macelli, dei caseifici, delle grandi aziende agricole. Considerando che Iveco e l’intero Cluster lombardo della mobilità spingono sui veicoli a metano, le occasioni di business non mancano. Che si tratti di alimentare le automobili o riscaldare le abitazioni, il biometano è destinato a crescere.
Tanto più che gli incentivi sono previsti da un decreto legislativo approvato anni fa da dal governo. E allora, «pronti via»? Niente da fare. «Mancano ancora i decreti attuativi. Sono 18 mesi che li attendiamo. Questa lentezza — spiega Amedeo Gorlani, titolare della Biogasmetano di Erbusco — comporta soltanto costi e nessun guadagno per chi, come noi, ha investito nel settore». Non c’è solo un nuovo capannone preso in affitto (a Coccaglio), una serie di dipendenti arruolati per la crescita e diversi contatti alla ricerca di nuovi clienti: la Biogasmetano di Erbusco ha stretto un accordo commerciale e di service con una multinazionale canadese, Xebec.
Loro ci mettono i numeri e la tecnologia, che esiste già: si tratta di un processo di raffinazione del biogas in biometano che è patrimonio soprattutto delle grandi corporation dell’Oil&Gas. E Xebec è uno dei player mondiali in grado di giocare questa partita. Da parte sua, l’azienda bresciana porta l’esperienza ultraventennale della cogenerazione nel biogas, dell’arte meccanica della manutenzione e della conoscenza del territorio. Insomma, gli ingredienti ci sono tutti. Se non fosse che senza decreti attuativi «è molto più complesso stipulare contratti: serve la certezza sugli incentivi. Si tratta di impianti – spiega Amedeo Gorlani – che valgono mediamente un milione di euro l’uno». Quale cliente si muove, se prima non può calcolare quanto guadagnerà? Gli incentivi, in effetti, sono previsti per chi costruisce nei prossimi cinque anni: una volta autorizzato l’impianto, i sussidi valgono per diversi anni, come nel fotovoltaico.
E nel quinquennio successivo? «Si può immaginare una riduzione degli incentivi, ma resteranno anche per nuovi impianti” dice il manager. Perito meccanico, 50 anni, Gorlani sa che Xebec vuole operare nel vecchio Continente perché l’Europa ha un ambizioso piano di riduzione dei combustibili fossili e delle polveri sottili. È vero che il metano è uno dei gas serra, ma sostituire il gasolio e la benzina significa anche ridurre la dispersione di ossidi di azoto, benzene e altri «veleni» che finiscono nell’aria tramite la combustione di auto e camion. Il biometano, poi, è un processo di raffinazione chimica del biogas che è frutto — in prima battuta — della lavorazione di acque e scarti che derivano da reflui zootecnici, caseifici, macelli, acque da depurare: si tratta di un riutilizzo virtuoso. Con il vantaggio, quindi, di dipendere meno dall’energia importata dall’estero. Sono tanti quindi i motivi per cui la partnership canadese-italiana ha futuro.
«Siamo stati scelti dopo un’attenta riflessione» spiega Gorlani. Per 22 anni l’imprenditore si è occupato di pretrattamento biogas mirato alla cogenerazione, costruendo sistemi che alimentano motori e pompe in grado di trasformare il gas in elettricità. Ora, in attesa dei decreti attuativi, l’azienda continua a occuparsi di questo business (vocato all’export). In realtà, il vero profitto ci sarà quando le aziende agricole passeranno dal biogas (elettricità) al biometano: il primo non sarà più incentivato, il secondo sì.
E dato che i motori dei vecchi digestori si usurano, la società di Erbusco è pronta a offrire l’upgrading, il salto di qualità che però «non è per tutti»: c’è bisogno di avere impianti di taglia medio-grande, vicino alla rete del metanodotto o tali da prevedere una stazione di rifornimento (o carri bombola). Ma quanto tempo serve per installare il biometano? «In 7-8 mesi l’impianto viene costruito»: la Srl di Erbusco prevede che in tutta Italia (80% al Nord) il mercato possa assorbire (a regime) circa 100 impianti all’anno. Considerando che sono 1.500 i digestori a livello nazionale (di cui più di 200 tra Brescia e Cremona), lo spazio c’è. Ora, tocca alla politica muoversi.