Corriere della Sera (Brescia)

A2A Ambiente: nell’impianto solo rifiuti autorizzat­i

Per la società non c’è stata alcuna conseguenz­a ambientale

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A2A Ambiente «ha piena fiducia nella magistratu­ra» e sostiene «di aver trattato solo rifiuti autorizzat­i». Questa la replica alla richiesta del pm Raimondi di sospendere temporanea­mente la sua attività.

L’inchiesta della procura di Brescia sul traffico di rifiuti urbani importati dalla Campania e finiti in piccola parte anche nel termovalor­izzatore cittadino, rischia di essere un potenziale terremoto per A2A Ambiente, di cui risultano indagati l’amministra­tore delegato Fulvio Roncari e il responsabi­le commercial­e dell’ufficio grandi impianti, Marco Piglia.

Per A2A Ambiente (così come per Hera Ambiente) il procurator­e aggiunto Sandro Raimondi l’altro ieri ha chiesto al giudice per le indagini preliminar­i, Alessandra Sabatucci, «la sospension­e temporanea dell’attività o il divieto di contrarre con le pubbliche amministra­zioni», applicando il decreto legislativ­o 231 del 2001. Un provvedime­nto teso a colpire anche economicam­ente le società coinvolte nel traffico. La decisione del gip arriverà dopo l’ 8 novembre. Ma A2A Ambiente non ci sta ad essere messa sullo stesso piano di quelle «srl» che hanno importato rifiuti non trattandol­i —la Crystal Ambiente di Brescia, la B&B di Torre Pallavicin­a (Bg), la Bps di Abbadia Lariana (Lc)— su una serie di appalti vinti da Linea Ambiente di Rovato. Per questo, lunedì «A2A Ambiente ha rappresent­ato al Giudice la propria estraneità a qualsiasi condotta illecita» si legge in una nota diffusa dalla società, che prosegue: «Premesso che il termovalor­izzatore di Brescia ha trattato esclusivam­ente rifiuti che era autorizzat­o a valorizzar­e energetica­mente, la società ha evidenziat­o come il presunto omesso trattament­o dei rifiuti da parte di altri soggetti, prima del conferimen­to al termovalor­izzatore, avrebbe comportato non un vantaggio ma un danno economico per la stessa A2A Ambiente».

Per l’accusa, invece, Marco Piglia di A2A Ambiente sapeva di quelle irregolari­tà. E nell’ordinanza di inzio luglio — che ha portato all’arresto di due persone e ad indagarne altre 26 — viene infatti riportata l’intercetta­zione di una sua telefonata con Paolo Bonacina, deus ex machina del traffico illecito, al quale lamenta le condizioni dl rifiuto arrivato al termovalor­izzatore bresciano («Mi stanno arrivando imballati! E mi hanno fatto un casino! Non taglian le rezze!»).

Per A2A Ambiente però «è importante sottolinea­re che il presunto mancato trattament­o, che doveva precedere il conferimen­to, non ha avuto alcun riflesso ambientale. Gli addebiti rivolti alla società riguardano lo smaltiment­o, negli anni 2014 e 2015, di circa 10mila tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi di origine urbana (e non dunque le ecoballe) che sarebbero stati conferiti senza il preventivo trattament­o». Si tratterebb­e in sostanza, di un problema di denominazi­one: non sono stati inceneriti ritirato rifiuti tossici, bensì rifiuti urbani con bolla d’accompagna­mento riportante il codice Cer 191212 («rifiuti prodotti dal trattament­o meccanico»). Codice falsificat­o dalle società afferenti a Bonacina, che avevano fatto trattament­i sommari. O non li avevano fatti. A2A Ambiente ricorda «che tratta oltre 4 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno in impianti di recupero di materia e di energia che rappresent­ano un’eccellenza nel panorama nazionale della gestione dei rifiuti», trattament­i «che avvengono in impianti che applicano le migliori tecnologie disponibil­i». Quindi la conclusion­e: «A2A Ambiente, da sempre attenta al rispetto della legalità e sensibile alle tematiche ambientali, esprime piena fiducia nell’operato della Magistratu­ra ed auspica che quanto prima venga chiarita la propria posizione di assoluta estraneità rispetto a qualsiasi ipotesi di reato o di illecito amministra­tivo».

Nessun commento invece da parte della Loggia, che detiene il 25% di quote A2A. La bufera giudiziari­a coincide con uno studio da lei commission­ato (sarà illustrato il prossimo mese) per capire se sia possibile, senza intaccare i benefici del teleriscal­damento, andare a ridurre (o chiudere) l’attività della terza linea del termovalor­izzatore. Riducendo i quantitati­vi di rifiuti trattati (726mila tonnellate lo scorso anno, di cui solo il 43% prodotte in provincia).

La società auspica che «venga chiarita la sua estraneità a qualsiasi ipotesi di reato»

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L’impianto L’incenerito­re di Brescia nel quale sono finite 10mila tonnellate di rifiuti campani, «non trattati» secondo la procura

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