Imprese, la produzione aumenta del 5,7% ma «serve ancora un piano strategico»
Sivieri (Apindustria): «Tagli alle tasse, al costo dell’energia, alla burocrazia. La politica ci ascolti»
Da ripresina a ripresa. Non è per tutti e molti settori restano in difficoltà, ma il manifatturiero italiano ha finalmente ricominciato a correre e i dati diramati dall’Istat certificano ancora una volta la buona salute della produzione industriale italiana nel suo complesso. Tra agosto 2016 e agosto 2017, volano i settori legati all’energia (+8,4%), alla produzione di beni intermedi (+5,4%) e (novità) alla produzione di beni di consumo (+6,8%). Più contenuta la crescita della produzione di beni strumentali (+3,1%). Sempre tra agosto 2016 e agosto 2017, secondo l’Istat, la produzione industriale italiana è cresciuta del 5,7% e, nei primi otto mesi dell’anno in corso, l’aumento è del 2,9%.
Non fa eccezione la provincia di Brescia e, scorrendo i dati divulgati nelle ultime settimane dalle associazioni di categoria, ci sono buoni motivi per essere ottimisti. «Attenzione, però: manca ancora un vero piano strategico per l’industria italiana. Il jobs act e il Piano Industria 4.0 sono iniziative spot che esauriranno la loro spinta, servono misure strutturali per ridurre il cuneo fiscale, il costo del lavoro e quello dell’energia». A parlare è Douglas Sivieri, presidente di Apindustria Brescia e titolare di Ictore spa. Apindustria presenterà nei prossimi giorni un’analisi congiunturale svolta su un campione di cento imprese associate in provincia. «I segnali sono complessivamente positivi: la produzione è in crescita per il 55% delle imprese, senza variazioni per il 24% e in calo per il restante 21%. Il merito è degli imprenditori, stiamo facendo di tutto per tornare ai valori del 2007», spiega.
Secondo il sondaggio, vola soprattutto chi si occupa di robotica e di automazione industriale (il 10% degli intervistati dichiara una produzione in crescita del 15% in un anno) mentre soffre il mondo legato alla produzione di beni per il consumatore finale. «Elettrodomestici, abbigliamento, tessile, mobile, restano in forte difficoltà: sembra che la propensione al consumo si stia risollevando ma non è un dato stabile e c’è ancora molta strada da fare per tornare ai valori precedenti alla crisi», continua Sivieri. Nel campione di 100 imprese intervistate, i segnali più positivi arrivano dalle piccole imprese con meno di dieci dipendenti mentre solo la metà delle aziende con oltre cinquanta occupati dichiara di aver registrato nell’ultimo anno una produzione in crescita. «Per un commento su questi temi è meglio aspettare dei dati più completi, una possibile spiegazione potrebbe essere rappresentata dalla maggiore reattività delle piccole imprese che hanno resistito alla crisi».
Capitolo metalmeccanica: nel 46% dei casi la produzione è in crescita, ma nessuno registra aumenti superiori al 5%. Per Sivieri, una ripresa di ampio respiro passa comunque da un piano strategico. «Tagli alle tasse, al costo dell’energia, alla burocrazia. Noi imprenditori diciamo le stesse cose da dieci anni, la politica deve ascoltare. Se il petrolio continua a rialzarsi, e le aspettative dei prossimi mesi vanno proprio in questa direzione, potremmo entrare in forte difficoltà».
Capitolo edilizia: «È un settore trainante per tutto il mondo imprenditoriale ma non ci sono veri segni di ripresa. Con l’invenduto che abbiamo la parola d’ordine è ristrutturare: Tiziano Pavoni e Giuliano Campana, costruttori bresciani che ne sanno certo molto più di me, chiedono fortissimi sgravi fiscali per riammodernare gli edifici già esistenti. Credo sia la giusta strada da seguire».
Altra condizione necessaria per la ripresa è data dalle infrastrutture. «Negli ultimi 20 anni le nostre imprese hanno subito più che a sufficienza, ora va fatto qualcosa per loro. Penso all’Autostrada della Valtrompia, la cui realizzazione è ferma (da parecchio tempo) a causa dell’aggiornamento dei costi di cantiere: si dice che sia un progetto vecchio di vent’anni, e per questo lo possiamo riammodernare, ma un’infrastruttura simile è necessaria al tessuto produttivo del territorio».