IL CORAGGIO DI OSARE
Inizia venerdì con «It’s Only Rock’n’Roll?» – una cavalcata storico musicale sul ventennio ’60-’70, la nuova stagione teatrale del Mario Rigoni Stern, l’auditorium comunale di Vestone che funziona anche come cinema. Ciò dimostra il coraggio di una amministrazione pubblica nei confronti di un «entertainment» – il teatro – che ha bisogno di essere supportato per non essere totalmente sovrastato da cinema, tv, web. Un coraggio che andrebbe iniettato nelle vene di tutta la provincia. A livello locale, infatti, con la buriana delle tv commerciali prima e della rete dopo, il teatro – molto di più del cinema salvatosi con i multisala – ha visto scemare il suo pubblico in maniera esponenziale, con le sole rappresentazioni in vernacolo a tenere accesa la fiaccola del palcoscenico. E ciò, nonostante siano tanti i cinema di provincia nati come teatri, cioè con quell’intrattenimento che era il principale, se non l’unico fino al dopoguerra. Non a caso, il boom del cinema coincide col Miracolo economico. Si tratta quindi non di tornare indietro, ma di ridare al teatro quel che è sempre stato del teatro, considerando che l’Italia è il paese degli ottomila campanili: provincia. Quella provincia che a sua volta si sostanzia spesso di piccole comunità, come quelle ad esempio della Valsabbia, il cui centro più popoloso, coi suoi 9.000 abitanti, è Vobarno, dove si trova un altro, piccolo teatro che funziona seppur a fatica. Odolo, con nemmeno 2.000 abitanti vanta un teatro – lo Splendor – capace di 300 posti. Teatro che – mando a dirlo – funziona anch’esso saltuariamente e con molta fatica. Una disaffezione che ha interessato soprattutto le nuove generazioni: durante la scorsa stagione teatrale del Mario Rigoni Stern di Vestone, nonostante venisse offerto l’ingresso gratuito a insegnanti e studenti (il polivalente Perlasca di Idro conta oltre 1.000 allievi) sono stati pochissimi a usufruire di questo bonus (insegnanti compresi). Iniziativa ripetuta quest’anno, ché, come suol dirsi, la speranza è l’ultima a morire. Più che di disaffezione è forse il caso di parlare di assenza d’abitudine. Da tempo, l’intrattenimento non è (più) declinato anche col teatro, soprattutto in provincia. Non viene in mente, perché in famiglia, con gli amici, a scuola, non se ne parla, ad eccezione dei laboratori teatrali scolastici spesso frequentati per i loro crediti. Eppure, quando avviene il miracolo di avere giovani che – almeno una volta al mese – preferiscono il teatro ad altre forme di divertimento, si scopre il loro gradimento nei confronti di uno «svago» – di fatto – sconosciuto. L’invito è quindi quello di incoraggiare, sostenere, promuovere il teatro anche e soprattutto nei piccoli centri.