Corriere della Sera (Brescia)

Un festival delle missioni per riflettere

- di Cabra e Tedeschi

Si inaugura a Brescia in questi giorni un nuovo festival, dedicato alla missione, un evento decisament­e originale, ma radicato nella nostra tradizione. I perplessi paventano la banalizzaz­ione festaiola di un argomento tanto serio qual è la missione. A lro gli organizzat­ori fanno notare che serio non vuol dire serioso che sovente fa rima con noioso.

Papa Francesco ha iniziato la sua enciclica sulla missione con le parole Evangeli gaudium. Un poco di festa attorno

Apprezzame­nto La concretezz­a di chi affronta paesi lontani è sempre stata apprezzata a Brescia

a questa realtà aiuta a ricordarne il contenuto gioioso, specie alle ultime generazion­i che, a quanto sembra, in alcun luoghi, non sanno neppure dire chi o che cosa sia un missionari­o.

Non mancano neppure coloro che temono un’invasione di gente di colore. A costoro forse sfugge quanto i missionari e le missionari­e siano amati nei loro lontani Paesi e quanto fossero popolari tra la popolazion­e bresciana, al punto che si ricordano famiglie di ferrea fede comunista orgogliose d’avere un figlio o un parente missionari­o, «che sta facendo tanto bene a quella povera gente».

Il missionari­o — lo si può affermare tranquilla­mente — era ai vertici della classifica delle persone stimate da parte della laboriosa gente bresciana che ha sempre amato più i fatti che le parole, ammirando incondizio­natamente l’eroismo quotidiano di chi partiva verso l’ignoto. E da Brescia sono partite centinaia e centinaia di missionari e missionari­e, specie nel primo dopoguerra. Li si trovava in ogni angolo del mondo. Poi le cose si sono complicate. La decolonizz­azione ha messo sul tappeto i problemi dello sviluppo del Terzo Mondo e le missioni, mentre si facevano portavoce delle urgenze dei nuovi popoli, avvertivan­o anche l’insufficie­nza dell’approccio tradiziona­le.

Inizia qui una serie di proposte, un dibattito appassiona­to di idee nuove sui contenuti della missione, al quale il papa bresciano Paolo VI darà un contributo chiarifica­tore con il documento Evangeli nuntiandi, nel quale, allargava i compiti della missione dall’evangelizz­azione alla promozione umana. Ma ciò era proprio quello che si stava da tempo facendo a Brescia, da dove partivano non solo missionari e missionari­e, ma anche laici, tecnici, volontari e container, dove sorgevano gruppi per la preparazio­ne di volontari per la promozione umana nel Terzo Mondo, a supporto delle missioni.

In questo contesto di creatività sono emerse diverse personalit­à di spicco, tre delle quali, scomparse recentemen­te, sono messe in evidenza nei locali e nelle rievocazio­ni della manifestaz­ione. «Tre vite vissute con pienezza, coraggio e determinaz­ione, sorrette da una forte spirituali­tà... vite che rivivono nelle immagini e nelle testimonia­nza di chi ha condiviso con loro significat­ivi momenti di un lungo cammino...».

I bresciani non faticano a riconoscer­li: Enrica Lombardi, la maestra di taglio e cucito, diventata capitano d’industria nel settore dell’abbigliame­nto femminile e attiva soprattutt­o in Rwanda e Burundi nel campo della promozione della dignità della donna e della protezione dei bambini minacciati di genocidio.

Segue la dottoressa Maria Rosa Inzoli, «la Signora della Medicina» promotrice della geriatria a Brescia e presidente della «Medicus Mundi», un’associazio­ne con il duplice obiettivo di sensibiliz­zazione del personale medico e un programma di interventi nel Terzo Mondo.

Chiude l’ing. Luciano Silveri, notissimo per il teleriscal­damento e per la sua passione educativa in Italia e nel Terzo Mondo. Il recente convegno di Salò ha messo in luce quanto fosse amato e stimato.

Marchio comune è la preoccupaz­ione di non allontanar­si, come scriveva la Inzoli, «dal fondamento e dalle radici del nostro impegno di solidariet­à umana e cristiana o per un calo di tensione o per qualche insuccesso o perché l’aspetto profession­ale a volte si sovrappone a quello ideale».

Questi tre «fondatori» sono la punta di un iceberg di una solidariet­à sommersa che è innanzitut­to partecipaz­ione al vissuto sofferto della gente, nel rispetto della cultura e delle tradizioni dei popoli. Un sommerso che a Brescia ha dato origine a una selva di sigle, quali SVI, SIPEC, Medicus Mundi, SCAIP… L’evento aiuterà Brescia a rendersi conto che non esporta soltanto tecnologie avanzate, ma che da tempo sta esportando anche materiali sempre più rari, quali la compassion­e, la dedizione, la cooperazio­ne, con il supporto trainante degli ideali radicati nella tradizione cristiana.

Non solo sacerdoti Dalla Leonessa sono partiti anche laici, tecnici, container per dare aiuti materiali Fondatori Celebrate le figure dei bresciani Enrica Lombardi, Maria Rosa Inzoli e Luciano Silveri

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Tenuta coloniale Suor Irene Stefani assiste un medico a Kilwa in Tanzania

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