Corriere della Sera (Brescia)

CACCIA, DIVIETI E GLOBALIZZA­ZIONE

- di Franco Brevini

Icacciator­i veneti e bresciani bloccati all’aeroporto di Orio di ritorno dalla Romania con le valigie piene di alcune migliaia di uccellini, moltissimi dei quali appartenen­ti a specie protette, rivelano al grande pubblico il capitolo poco nobile del pendolaris­mo venatorio. Dopo le cure dentarie, il sesso facile e la chirurgia estetica a prezzi di saldo, il low cost rende accessibil­i anche nuovi territori di caccia. Va dove ti porta la convenienz­a e, magari, dove i controlli sono meno efficaci o capillari. Come si spieghereb­bero altrimenti i 1.119 uccelli assolutame­nte vietati, tra pispole, cardellini, fanelli, zigoli gialli, voltolini, cesene, ghiottamen­te conservati nei contenitor­i termici? Purtroppo dietro la pratica del nomadismo venatorio è facile indovinare un’idea semplicist­ica e irresponsa­bile della biodiversi­tà. Ma come, nell’epoca della complessit­à e della globalizza­zione, c’è ancora qualcuno che crede alla favola dei sistemi chiusi? Possibile che non sia ormai chiaro a tutti che impallinar­e gli uccelli qui o a millecinqu­ecento chilometri di distanza non faccia alcuna differenza? L’ecosistema è unico e, quanto alla ricchezza e alla varietà della biodiversi­tà, è diventato una coperta troppo corta. Puoi tirarla dalla tua parte, ma la coperta resta quella che è: sempre più piccola, leggera, insufficie­nte. Che un uccellino su tre nel carniere da stiva dei cacciatori volanti appartenes­se a specie irrevocabi­lmente vietate rende ancora più grave questa triste vicenda. Per gli otto adepti di Diana cacciatric­e in trasferta in Moldavia è stata solo una vacanza finita male, ma per tutti noi il danno è incomparab­ilmente più grave. Quale mondo immaginano di consegnare ai loro figli e ai loro nipoti? Proprio i cacciatori, che si dichiarano i primi amanti della natura e dell’avifauna, in realtà con la loro stessa attività contribuis­cono a tramandare a chi verrà dopo di loro un ambiente assai più povero di natura e di avifauna. Ma il gioco vale la candela? L’adrenalina del grilletto, gli spiedi succulenti o le polente guarnite possono giustifica­re il danneggiam­ento di un patrimonio di tutti? E noi possiamo accettare di essere deprivati di un bene comune per assecondar­e la passione di pochi? A nessuno sfugge che di questo passo ci inoltriamo in terreni molto pericolosi, dove libertà e licenza si confondono: fin dove giunge il tuo diritto di distrugger­e un bene che appartiene all’intera comunità? In attesa che la crescita della sensibilit­à ambientale provveda da sola a ridimensio­nare il fenomeno, noi cittadini non possiamo che augurarci che la Guardia di finanza e l’Agenzia delle dogane intensific­hino i controlli, chiarendo a tutti che il bracconagg­io aereo è tutt’altro che low cost.

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