CACCIA, DIVIETI E GLOBALIZZAZIONE
Icacciatori veneti e bresciani bloccati all’aeroporto di Orio di ritorno dalla Romania con le valigie piene di alcune migliaia di uccellini, moltissimi dei quali appartenenti a specie protette, rivelano al grande pubblico il capitolo poco nobile del pendolarismo venatorio. Dopo le cure dentarie, il sesso facile e la chirurgia estetica a prezzi di saldo, il low cost rende accessibili anche nuovi territori di caccia. Va dove ti porta la convenienza e, magari, dove i controlli sono meno efficaci o capillari. Come si spiegherebbero altrimenti i 1.119 uccelli assolutamente vietati, tra pispole, cardellini, fanelli, zigoli gialli, voltolini, cesene, ghiottamente conservati nei contenitori termici? Purtroppo dietro la pratica del nomadismo venatorio è facile indovinare un’idea semplicistica e irresponsabile della biodiversità. Ma come, nell’epoca della complessità e della globalizzazione, c’è ancora qualcuno che crede alla favola dei sistemi chiusi? Possibile che non sia ormai chiaro a tutti che impallinare gli uccelli qui o a millecinquecento chilometri di distanza non faccia alcuna differenza? L’ecosistema è unico e, quanto alla ricchezza e alla varietà della biodiversità, è diventato una coperta troppo corta. Puoi tirarla dalla tua parte, ma la coperta resta quella che è: sempre più piccola, leggera, insufficiente. Che un uccellino su tre nel carniere da stiva dei cacciatori volanti appartenesse a specie irrevocabilmente vietate rende ancora più grave questa triste vicenda. Per gli otto adepti di Diana cacciatrice in trasferta in Moldavia è stata solo una vacanza finita male, ma per tutti noi il danno è incomparabilmente più grave. Quale mondo immaginano di consegnare ai loro figli e ai loro nipoti? Proprio i cacciatori, che si dichiarano i primi amanti della natura e dell’avifauna, in realtà con la loro stessa attività contribuiscono a tramandare a chi verrà dopo di loro un ambiente assai più povero di natura e di avifauna. Ma il gioco vale la candela? L’adrenalina del grilletto, gli spiedi succulenti o le polente guarnite possono giustificare il danneggiamento di un patrimonio di tutti? E noi possiamo accettare di essere deprivati di un bene comune per assecondare la passione di pochi? A nessuno sfugge che di questo passo ci inoltriamo in terreni molto pericolosi, dove libertà e licenza si confondono: fin dove giunge il tuo diritto di distruggere un bene che appartiene all’intera comunità? In attesa che la crescita della sensibilità ambientale provveda da sola a ridimensionare il fenomeno, noi cittadini non possiamo che augurarci che la Guardia di finanza e l’Agenzia delle dogane intensifichino i controlli, chiarendo a tutti che il bracconaggio aereo è tutt’altro che low cost.